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Giovedi, 25 aprile 2024 - San Marco ( Letture di oggi)

Vino


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Con il grano e l'olio, il vino che la terra santa fornisce fa parte del nutrimento quotidiano (Deut 8, 8; 11, 14; 1 Cron 12, 41); esso ha questo di particolare, che « rallegra il cuore dell'uomo » (Sal 104,15; Giud 9, 13). Costituisce quindi uno degli elementi del banchetto messianico, ma anche, e in primo luogo, del banchetto eucaristico dove il fedele attinge la gioia alla sua fonte: la carità di Cristo.

I. IL VINO NELLA VITA QUOTIDIANA

1. Nella vita profana. - Attribuendo a Noè l'invenzione della Coltura della vite, poi mostrandolo sorpreso dagli effetti del vino (Gen 9, 20 s), la tradizione jahvista sottolinea ad un tempo il carattere benefico e pericoloso del vino. Segno di prosperità (Gen 49, 11 s; Prov 3, 10), il vino è un bene prezioso Che -rende la vita piacevole (Eccli 32, 6; 40, 20), a condizione che se ne usi Con sobrietà. Questa fa parte dell'equilibrio umano che gli scritti sapienziali non Cessano di predicare. L'assioma di Ben Sira: « Il vino è la vita per l'uomo quando se ne beve moderatamente » (Eccli 31, 27), ne è l'illustrazione più Chiara (cfr. 2 Mac 15, 39). Nelle lettere pastorali abbondano i Consigli di sobrietà (1 Tim 3, 3. 8; Tito 2, 3), ma l'uso del vino, fatto con senno, vi è pure raccomandato (1 Tim 5, 23). Gesù stesso ha voluto bere vino, con pericolo di essere mal giudicato (Mt 11, 19 par.). Colui Che si allontana da questa sobrietà è votato ad ogni specie di pericoli. I profeti hanno invettive violente Contro i Capi Che amano bere troppo, perché dimenticano Dio e le loro vere responsabilità nei confronti di un popolo sfruttato e trascinato al male (Am 2, 8; Os 7, 5; Is 5, 11 s; 28, 1; 56, 12). I sapienti rivolgono maggiormente la loro attenzione alle conseguenze personali di questi eccessi: il bevitore è votato alla povertà (Prov 21, 17), alla violenza (Eccli 31, 30 s), alla dissolutezza (19, 2), all'ingiustizia nelle parole (Prov 23, 30-35). S. Paolo sottolinea che l'ubriachezza porta alla dissolutezza e nuoce alla vita dello Spirito nel cristiano (Ef 5, 18).

2. Nella vita cultuale. - Il vino, venendo da Dio Come tutti i prodotti della terra, troverà posto nei sacrifici. Già nel vecchio santuario di Silo si portavano offerte di vino (1 Sam 1, 24), che permettevano di versare le libagioni prescritte in occasione dei sacrifici (Os 9,4; Es 29,40; Num 15,5. 10). Il vino fa pure parte delle primizie che spettano ai sacerdoti (Deut 18, 4; um 18, 12; 2 Cron 31, 5). Avrà infine un posto nel sacrificio della nuova alleanza che porrà termine a questo rituale. D'altra parte un'intenzione religiosa motiva per taluni l'astensione dal vino. Se i sacerdoti sono tenuti a privarsene durante l'esercizio delle loro funzioni, si è perché queste richiedono la piena padronanza di sé, specialmente per insegnare e giudicare (Ez 44, 21 ss; Lev 10, 9 s). L'astensione dal vino può anche essere un ricordo del tempo in cui, nel deserto, Israele ne era privo e si avvicinava al suo Dio Con una vita austera (Deut 29, 5). Molto tempo dopo lo stanziamento in Canaan, un clan volle conservare questa fedeltà al nomadismo che ignorava il vino: i Recabiti (Ger 35, 6-11). Nello stesso senso, un'usanza di carattere ascetico consisteva nell'astenersi da ogni prodotto della vite come segno di Consacrazione a Dio: è quel che si chiama il nazireato (cfr. Am 2, 12). Ancor prima di nascere Sansone fu in tal modo consacrato dalla volontà divina (Giud 13, 4 s); analoghi sono i casi di Samuele (1 Sam 1, 11) e di Giovanni Battista (Lc 1, 15; cfr. 7, 33). Codificato nella legislazione sacerdotale, il nazireato poteva pure essere l'effetto di un voto temporaneo (Num 6, 3-20), che si trova ancora praticato nella comunità giudeo-cristiana (cfr. Atti 21, 23 s). Infine i fedeli erano spesso invitati a rinunziare al vino per evitare ogni pericolo di Compromesso con il paganesimo: ne fa testimonianza il giudaismo postesilico (Dan 1, 8; cfr. Giudit 10, 5). A motivare le privazioni che taluní cristiani si imponevano sembra essere piuttosto una preoccupazione di ascetismo (1 Tim 5,23); Paolo ricorda semplicemente che prudenza e carità devono regolare questo ascetismo (Rom 14, 21; cfr. 1 Cor 10,31).

II. IL SIMBOLISMO DEL VINO

1. Da un punto di vista profano il vino simboleggia tutto ciò che la vita può avere di piacevole: l'amicizia (Eccli 9, 10), l'amore umano (Cant 1, 4; 4, 10) ed in generale tutta la gioia che si coglie in terra con la sua ambiguità (Eccce 10, 19; Zac 10, 7; Giudit 12; 13; Giob 1, 18). Può quindi evocare l'ubriachezza malsana dei Culti idolatrici (Ger 51, 7; Apoc 18, 3) e la felicità del discepolo della sapienza (Prov 9, 2).

2. Da un punto di vista religioso, il simbolismo del vino è collocato in un Contesto escatologico. a) Nel VT, per annunziare i grandi castighi al suo popolo che lo offende, Dio parla della privazione del vino (Am 5, 11; Mi 6,15; Sof 1, 13; Deut 28, 39). Il solo vino da bere è allora quello dell'ira divina, il calice Che stordisce (Is 51, 17; cfr. Apoc 14, 8; 16, 19). Per Contro, la felicità promessa da Dio ai suoi fedeli è espressa sovente sotto la forma di una grande abbondanza di vino, come si vede negli oracoli di Consolazione dei profeti (Am 9,14; Os 2,24; Ger 31,12; Is 25,6; Gioe 2,19; Zac 9,17).

b) Nel NT, il « vino nuovo » è il simbolo dei tempi messianici. Di fatto Gesù dichiara che la nuova alleanza istituita nella sua persona è un vino nuovo che fa scoppiare gli otri vecchi (MC 2, 22 par.). La stessa idea risalta dal racconto giovanneo del miracolo di Cana: il vino delle nozze, questo buon vino atteso « fino ad ora », è il dono della carità di Cristo, il segno della gioia che la venuta del Messia realizza (Gv 2, 10; cfr. 4, 23; 5, 25). II termine « vino nuovo » si ritrova infine in Mc 26, 29 per evocare il banchetto escatologico riservato da Gesù ai suoi fedeli nel regno del Padre suo: significa allora il Compimento dei tempi messianici. La menzione del vino non appartiene all'ordine del puro simbolo; è richiamata dal racconto della istituzione della eucaristia. Prima di bere il vino nuovo nel regno del Padre, il cristiano, durante la vita, si nutrirà del vino diventato il sangue versato del suo Signore (cfr. 1 Cor 10, 16). Per il cristiano l'uso del vino non è quindi soltanto un motivo di rendere grazie (Col 3, 17; cfr. 2, 20 ss), ma un'occasione per richiamare alla memoria il sacrificio Che è la fonte della salvezza e della gioia eterna (1 Cor 11,25s).

Autore: D. Saotie