Scrutatio

Sabato, 20 aprile 2024 - Beata Chiara Bosatta ( Letture di oggi)

Vedere


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Mentre gli idoli « hanno occhi e non vedono » (Sal 135, 16), Dio vede « tutto Ciò che è sotto il cielo » (Giob 28, 24), in particolare « i figli di Adamo » (Sal 33,13 s) di Cui « scruta i reni ed i cuori » (7, 10). Ma rimane per l'uomo « un Dio nascosto » (Is 45,15), « che nessuno ha visto né può vedere » (1 Tim 6, 16; 1, 17; 1 Gv 4,12). Tuttavia Dio si è scelto un popolo « al quale si è fatto vedere » (Num 14, 14) sino ad apparirgli nella persona del suo Figlio unico (Gv 1, 18; 12,45) prima di introdurlo un giorno nel "cielo « per vedere la sua faccia » (Apoc 22, 4).

VT

I. IL DESIDERIO DI VEDERE DIO

Vedere Dio, « gli occhi negli occhi » (Is 52, 8), è il desiderio più profondo del VT. La nostalgia del paradiso che domina tutta la Bibbia, è anzitutto la coscienza di aver perduto il contatto immediato e familiare con Dio, è il timore permanente della sua ira, ma è pure la speranza instancabile di incontrare la sua faccia e di vederla sorridere. Le due grandi esperienze religiose di Israele, l'esperienza della presenza di Dio nel culto, e l'esperienza della sua parola attraverso i profeti, sono entrambe tese verso questa esperienza privilegiata: vedere Dio.

1. Le teofanie profetiche rappresentano il vertice dell'esistenza e della missione dei profeti. Mosè ed Elia hanno conosciuto questa esperienza nella sua forma più alta. Ancora, a Mosè che lo prega: « Fammi vedere la tua gloria » (Es 33, 18), Dio, pur esaudendo la sua preghiera, risponde: « Io ti riparerò con la mia mano durante il mio passaggio..., mi vedrai da tergo; ma la mia faccia non la si può vedere » (33, 22 s). Elia, quando si accosta a Jahve, « si vela il volto » e non sente che una voce (1 Re 19,13; cfr. Deut 4,12). Nessuno può vedere Dio, se Dio non si fa vedere. Il privilegio di Mosè ha qualcosa di unico, « egli guarda l'immagine di Jahve » (Num 12, 8). A livelli diversi, ma molto inferiori, i profeti, « in sogni ed in visioni » (12, 6), vedono qualcosa che non è di questo mondo (Num 24,4.16; 2 Cron 18, 18; Am 9, 1; Ez 1 - 3; Dan 7, 1; ecc.). Abramo e Giacobbe hanno Conosciuto anch'essi esperienze simili (Gen 15, 17; 17, 1; 28, 13), e così pure Gedeone (Giud 6, 11-24), Manoah e sua moglie (13,2-23). Anche i settanta anziani di Israele hanno parte, sino ad un certo punto, al privilegio di Mosè e, sul monte, « contemplano il Dio di Israele » (Es 24, 10, ma i LXX traducono: « videro il luogo in Cui si trovava Dio »).

2- Il culto, nei luoghi in cui Dio si è reso presente (Es 20, 24), suscita nei migliori il desiderio di vedere Dio, di « ricercare la sua faccia » (Sal 24, 6), di «vedere la sua dolcezza » (27, 4), « la sua potenza e la sua gloria » (63, 3), di guardare, anche da lontano, al tempio (Giona 2, 5). La visione di Isaia, così vicina alle teofanie di Mosè, fa coincidere la visione profetica, imperniata su una parola ed una missione, e la visione cultuale, imperniata sulla presenza (Is 6; cfr. 2 Cron 18, 18; Ez 10 - 11).

II. VEDERE E CREDERE

Se il desiderio di vedere Dio viene appagato solo raramente e parzialmente, si è perché Dio è « un Dio nascosto » (Is 45, 5) che si rivela alla fede. Per conoscerlo, bisogna ascoltare la sua parola e vedere le sue opere; infatti, nelle meraviglie della sua creazione « ciò che egli ha di invisibile si fa vedere » (Rom 1, 20). La vista degli astri lascia presentire la sua potenza (Is 40, 25 s) e contemplare il mondo (Giob 38 - 41) è già vedere Dio.

Ma il Dio nascosto si fa vedere di più ancora nella storia. Nelle meraviglie da lui dispiegate per il suo popolo (Es 14,13; Deut 10, 21; Gios 24, 17) - segni come non se ne videro mai (Es 34, 10) - Israele ha « visto la sua gloria » (Es 16, 7). Conoscere Dio significa quindi « vedere le sue alte gesta » e « Comprendere chi è » (Sal 46, 9 ss; cfr. Is 41, 20; 42, 18; 43, 10), osservarne le prodezze e Credere in lui (Es 14, 31; Sal 40, 4Giudit 14, 10), perché « nessun altro » Con lui « è Dio » (Deut 32,29). Ma, al pari degli idoli stupidi, gli uomini sono sordi e ciechi (Is 42,18), « hanno occhi e non vedono nulla, orecchie e non sentono nulla » (Ger 5, 21; Ez 12, 2): i segni ed i doni di Dio, destinati a illuminarli, li induriscono nel loro accecamento. La predicazione dei profeti finisce con « l'appesantire il cuore di questo popolo, col chiudergli gli occhi per tema che t suoi occhi vedano... Che il suo Cuore Comprenda » (Is 6, 10).

NT

I. DIO VISIBILE IN GESù CRISTO

1. In Gesù Cristo, Dio fa vedere le meraviglie inaudite promesse dai profeti (Is 52, 15; 64, 3; 66, 8), le Cose « mai viste » (Mt 9, 33). Simeone può andarsene in pace: « [i suoi] occhi hanno visto la salvezza » (Lc 2, 30). « Beati gli occhi Che vedono » le opere di Gesù: essi vedono « ciò Che molti profeti e giusti hanno desiderato vedere e non hanno visto » (Mt 13, 16 s); vedono da vicino ciò Che Abramo ha visto « da lontano » (Ebr 11, 13) e di cui già si rallegrava, « il giorno » di Gesù (Gv 8, 56). Sono beati a condizione di non scandalizzarsi di Gesù e di vedere ciò che avviene in realtà: « i ciechi vedono... il vangelo è annunziato » (Mt 11,5s).

2. Vedere e credere. - Già nei vangeli sinottici, ma più chiaramente ancora in Giovanni, la visione di ciò Che fa Gesù e di ciò che Dio realizza in lui è un invito a credere, ad accedere per mezzo della fede al versante invisibile della storia della salvezza. I segni operati da Gesù dovrebbero condurre alla fede (Gv 2, 23; 10, 41; 11, 45; cfr. Lc 17, 15. 19). Se non sono concessi altri segni a chi li richiede, è senza dubbio perché, almeno in parte, non porterebbero alla fede (Mt 12, 38 s par.; cfr. Mc 15, 32). La fede perfetta dovrebbe d'altronde poter fare a meno di vedere dei segni (Gv 4,38), ma la realtà è lontana da questo ideale. Molti, infatti, malgrado tanti segni operati dinanzi ai loro occhi, non possono Credere e neppure, in certo qual modo, vedere (Mt 13,14s; Gv 12, 40; cfr. Is 6, 9 s). Per loro, la luce del mondo (Gv 8, 12; 9, 5) diventa tenebre, la chiaroveggenza diventa accecamento: « Se foste ciechi, non sareste nel peccato; ma voi dite: "Noi vediamo". Il vostro peccato resta » (Gv 9, 39 s). Nei racconti della risurrezione, si ritrovano gli stessi temi. La vista della tomba vuota (Gv 20, 28), quella delle apparizioni in cui Gesù « si fa vedere » (òftbe: Atti 13, 31; 1 Cor 15, 5-8; Mt 28, 7. 10 par.) a testimoni scelti (Atti 10, 40 s), dovrebbero portare alla fede (Gv 20, 29; cfr. Mt 28, 17). Ma resta possibile vedere o sentire Coloro che hanno visto e tuttavia rimanere nell'incredulità (Lc 24, 12; 27, 39 ss; Mc 16, 11-14), mentre anche qui la fede ideale sarebbe stata quella di credere senza vedere (Gv 20, 29).

3. In Gesù Cristo, è visibile Dio. - Se esiste una visione che precede la fede, la fede a sua volta sfocia in una conoscenza e in una vista. Infatti, non solo i cieli sono aperti sul figlio dell'uomo (Gv 1, 51; cfr. Mt 3, 16) ed i misteri di Dio sono rivelati, la vita è data a coloro Che credono in lui (Gv 3,21. 36), ma la gloria stessa di Dio, quella che Mosè non aveva potuto contemplare se non in modo passeggero e parziale (Es 33, 22 s; 2 Cor 3, 11), irradia in permanenza e senza velo dalla persona del Signore (2 Cor 3, 18): « Noi abbiamo visto la sua gloria, la gloria del Figlio unigenito » (Gv 1, 14). Vedere Gesù equivale già a vedere il Verbo, « la vita che era presso il Padre e che ci è apparsa » (1 Gv 1, 1-3). E poiché « io sono nel Padre e il Padre è in me... Chi ha visto me, ha visto il Padre » (Gv 14, 9 s; cfr. 1, 18; 12, 45).

II. VEDERE DIO COM'È

Neppure l'incarnazione del Figlio può soddisfare il nostro desiderio di vedere Dio, perché Gesù, finché non è ancora ritornato al Padre (Gv 14, 12. 28), non ha ancora rivelato tutta la gloria che gli spetta (17, 1. 5). Gesù deve scomparire, ritornare al mondo invisibile donde viene, il mondo « delle realtà che non si vedono » e Che sono la fonte di quelle che noi vediamo (Ebr 11, 1 s), il mondo di Dio. Perciò bisogna che non lo si veda più (Gv 16,10-19), che gli uomini lo cerchino senza poterlo trovare (7, 34; 8, 21). Quando i discepoli l'avranno « visto » per l'ultima volta al momento dell'ascensione (Atti 1, 9 ss), avrà inizio il tempo in Cui coloro « che non l'hanno visto » dovranno amarlo e rallegrarsi « senza vederlo ancora, ma Credendo » (1 Piet 1, 8 s). Verrà un giorno in Cui si vedrà il figlio dell'uomo « sedere alla destra della Potenza » (Mt 26, 64 par.) e «venire sulle nubi del cielo » (Mt 24, 30 par.). Stefano « vede » già quel giorno del Signore come una realtà attuale (Atti 7, 55 s). L'Apocalisse suggerisce che questa venuta è già visibile lungo tutta la storia: « Eccolo Che viene, scortato dalle nubi; ognuno lo vedrà, anche quelli Che l'hanno trafitto... » (Apoc 1, 7; cfr. 19, 37). Ma, in realtà, « noi non vediamo ancora » se non nella fede, « Che tutto gli è sottomesso » (Ebr 2, 8). Non è più ormai il tempo di « guardare il cielo », ma di testimoniare Che lo si vedrà tornare Come è scomparso (Atti 1, 11) e di vivere in questa duplice attesa: essere sempre con il Signore (1 Tess 4, 17; Fil 1, 23) e « vedere Dio » (Mt 5, 8), « vedere la sua faccia » (Apoc 22, 4), « vederlo qual è » (1 Gv 3, 2), nel suo mistero inaccessibile, totalmente dedito ai suoi figli

Autore: I. DUPLACY e J. GUILLET
Fonte: Dizionario di Teologia Biblica