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Venerdi, 26 aprile 2024 - San Marcellino ( Letture di oggi)

Spirito di Dio


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Lo Spirito di Dio non può essere separato dal Padre e dal Figlio; si rivela con essi in Gesù Cristo, ma ha il suo modo proprio di rivelarsi, come ha la sua propria personalità. Il Figlio, nella sua umanità identica alla nostra, ci rivela nello stesso tempo chi egli è e chi è colui che egli non cessa di fissare: il Padre. Del Figlio e del Padre possiamo disegnare i tratti, ma lo Spirito non ha volto e neppure nome suscettibile di evocare una figura umana. In tutte le lingue il suo nome (ebr. rúab, gr. pnèuma, lat. spiritus) è un nome comune, desunto dai fenomeni naturali del vento e della respirazione, per modo che lo stesso testo: « mandi il tuo soffio, ed essi [gli animali] sono creati, e rinnovi la faccia della terra » (Sal 104, 30) può evocare con altrettanta esattezza sia l'immagine cosmica del soffio divino il Cui ritmo regola il movimento delle stagioni, sia l'effusione dello Spirito Santo che vivifica i cuori.

È impossibile mettere la mano sullo Spirito; si « sente la sua voce », si riconosce il suo passaggio da segni sovente smaglianti, ma non si può sapere « né donde viene, né dove va » (Gv 3, 8). Non agisce mai se non attraverso un'altra persona, prendendone possesso e trasformandola. Indubbiamente produce manifestazioni straordinarie che « rinnovano la faccia della terra » (Sal 104, 30), ma la sua azione parte sempre dall'interno e la si conosce dall'interno: « Voi lo conoscete perché egli dimora in voi » (Gv 14, 17). I grandi simboli dello Spirito, l'acqua, il fuoco, l'aria ed il vento, appartengono al mondo della natura e non Comportano figure distinte; evocano soprattutto l'irruzione di una presenza, una espansione irresistibile e sempre in profondità. Tuttavia lo Spirito non è né più né meno misterioso del Padre e del Figlio, ma ci ricorda più imperiosamente che Dio è il místero, ci impedisce di dimenticare che « Dio è Spirito » (Gv 4,24) e che « il Signore è lo Spirito » (2 Cor 3, 17).

VT

Lo Spirito di Dio non vi è ancora rivelato Come una persona, ma come una forza divina che trasforma le personalità umane per renderle capaci di atti eccezionali. Questi atti sono sempre destinati a confermare il popolo nella sua vocazione, a farne il servo ed il partner del Dio santo. Essendo venuto da Dio e orientando verso Dio, lo Spirito è uno Spirito santo. Essendo venuto dal Dio di Israele e consacrando Israele al Dio dell'alleanza, lo Spirito è santificatore. Questa azione e questa rivelazione si affermano particolarmente secondo tre linee: linea messianica della salvezza, linea profetica della parola e della testimonianza, linea sacrificale del servizio e della consacrazione. Secondo queste tre linee, il popolo di Israele è chiamato tutto a ricevere lo Spirito.

I. SPIRITO DI SALVEZZA

1. I Giudici. - I Giudici di Israele sono suscitati dallo Spirito di Dio. Senza che se l'aspettino e senza che nulla ve li predisponga, senza poter opporre resistenza, semplici figli di contadini, Sansone, Gedeone, Saul sono bruscamente e totalmente mutati, non soltanto resi capaci di atti eccezionali di audacia o di forza, ma dotati di una personalità nuova, capaci di svolgere una funzione e di compiere una missione, quella di liberare il loro popolo. Per mezzo delle loro mani e del loro spirito, lo Spirito di Dio prolunga l'epopea dell'esodo e del deserto, assicura l'unità e la salvezza di Israele, e viene Così a trovarsi alla sorgente del popolo santo. La sua azione è già interiore, quantunque ancora designata con immagini che sottolineano l'influsso improvviso e strano: lo Spirito « fu » su Otoniel o Jefte (Giud 3, 10; 11, 29), « piomba » come un rapace sulla preda (Giud 14, 6; 1 Sam 11, 6), « riveste » come con una armatura (Giud 6,34).

2. I re. - I Giudici non sono Che liberatori temporanei e lo spirito li lascia non appena Compiuta la loro missione. Hanno Come eredi i re, incaricati di una funzione permanente. Il rito dell'unzione Che li cosacra manifesta l'impronta indelebile dello spirito e li riveste di una maestà sacra (1 Sam 10, 1; 16,13).

3. Il Messia. - L'unzione rituale non basta a fare dei re i servi fedeli di Dio, capaci di assicurare ad Israele la salvezza, la giustizia e la pace. Per assolvere questo compito occorre un'azione dello Spirito più penetrante, l'unzione diretta di Dio Che segnerà il Messia. Su di lui lo Spirito non soltanto discenderà, ma riposerà (Is 11, 2); in lui farà rifulgere tutti i suoi doni, « la sapienza e l'intelletto » come in Bezaleel (Es 35, 31) od in Salomone, « il consiglio e la forza » Come in David, « la scienza (conoscenza) ed il timore di Dio », ideale delle grandi anime religiose in Israele. Questi doni apriranno al paese così governato un'era di felicità e di santità (Is 11, 9).

II. SPIRITO E TESTIMONIANZA

1. I nabi. - Questi precursori dei profeti, professionisti della esaltazione religiosa, non sempre distinguono tra le pratiche umane che li trasportano in estasi e l'azione divina. Tuttavia essi sono una delle forze vive di Israele, perché rendono testimonianza alla potenza di Jahve; e nella forza che li faceva parlare in nome del vero Dio si riconosceva la presenza del suo Spirito (Es 15, 20; Num 11, 25 ss; 1 Sam 10, 6; 1 Re 18, 22).

2. I profeti. - Se i grandi profeti, per lo meno i più antichi, non si appellano allo Spirito, se preferiscono sovente Chiamare mano di Dio la forza Che li afferra (Is 8, 11; Ger 1, 9; 15, 17; Ez 3, 14), non è perché non pensino di possedere lo Spirito, ma perché hanno coscienza di possederlo in modo diverso dai nabi loro precursori. Hanno un mestiere ed una posizione sociale, sono in piena coscienza e sovente tutto il loro essere si rivolta, e nondimeno una pressione sovrana li costringe a parlare (Am 3,8; 7,14s; Ger 20, 7 ss). La parola Che annunziano viene da essi, e ben sanno a qual prezzo, ma non è nata in essi, è la parola stessa del Dio che li manda. Si delinea così il legame, che appare già in Elia (1 Re 19, 12 s) e non cesserà più, tra la parola di Dio e il suo Spirito; in tal modo lo Spirito non si limita a suscitare una personalità nuova al servizio della sua azione, ma le dà accesso al senso ed al segreto di questa azione. Lo Spirito non è più soltanto « intelligenza e forza », ma « conoscenza di Dio » e delle sue vie (cfr. Is 11, 3). Lo Spirito che apre i profeti alla parola di Dio, fino a rivelare loro la gloria divina (Ez 3, 12; 8, 3), nello stesso tempo li fa « alzare » (Ez 2, 1; 3, 24) per parlare al popolo (Ez 11, 5) ed annunciargli il giudizio Che viene. In tal modo fa di essi dei testimoni, rende egli stesso testimonianza a Dio (Neem 9, 30; cfr. Zac 7, 12).

III. SPIRITO E CONSACRAZIONE. IL SERVO DI JAHVE

La convergenza tra la funzione messianica e liberatrice dello spirito e la sua funzione profetica di annunciatore della parola e del giudizio, già manifesta nel Messia di Isaia, si afferma pienamente nel servo di Jahve. Poiché Dio « ha posto su di lui il suo Spirito », il servo « annunzierà la giustizia alle nazioni » (Is 42, 1; cfr. 61, 1 ss). Il profeta annunzia la giustizia, ma il re la stabilisce. Ora il servo « con le sue sofferenze giustificherà molti » (53, 11), cioè li stabilirà nella giustizia; la sua missione ha quindi qualcosa di regale. Compiti profetici e Compiti messianici si uniscono, realizzati dallo stesso Spirito. Poiché d'altra parte il servo è colui nel quale « Dio trova piacere » (42, 1), il piacere che egli si aspetta dai sacrifici che gli sono dovuti, tutta la vita e la morte del suo servo sono sacre a Dio, espiazione per i peccatori, salvezza delle moltitudini. Lo Spirito Santo è santificatore.

IV. LO SPIRITO SUL POPOLO

L'azione dello Spirito nei profeti e nei servi di Dio è anch'essa profetica; annuncia la sua effusione su tutto il popolo, simile alla pioggia che rende la vita alla terra assetata (Is 32, 15; 44, 3; Ez 36, 25; Gioe 3, 1 s), come il soffio di vita viene ad animare le ossa inaridite (Ez 37). Questa effusione dello Spirito è Come una nuova creazione, l'avvento, in una terra rinnovata, del diritto e della giustizia (Is 32, 16), l'avvento, nei cuori trasformati, di una sensibilità ricettiva della voce di Dio, di una fedeltà spontanea alla sua parola (Is 59, 21; Sal 143, 10) ed alla sua alleanza (Ez 36,27), del senso della implorazione (Zac 12, 10) e della lode (Sal 51, 17). Rigenerato dallo Spirito, Israele riconoscerà il suo Dio e Dio ritroverà il suo popolo: «Io non Celerò più loro la mia faccia, perché avrò diffuso il mio Spirito sulla casa di Israele » (Ez 39, 29). Questa visione è ancora soltanto una speranza. Nel VT lo Spirito non può rimanere, « non è ancora dato » (Gv 7, 39). Indubbiamente si sa Che, fin dalle origini, al tempo del Mar Rosso e della nube, lo Spirito Santo agiva in Mosè e portava Israele al luogo del suo riposo (Is 63, 9-14). Ma si vede pure Che il popolo è sempre capace di « contristare lo Spirito Santo » (63, 10) e di paralizzarne l'azione. Affinché il dono diventi totale e definitivo occorre Che Dio compia un atto inaudito, intervenga di persona: « Tu, o Jahve, sei il nostro padre... Perché, o Jahve, lasci che noi erriamo lontano dalle tue vie?... Ah! Se tu lacerassi i cieli e díscendessi... » (63, 15-19). I cieli aperti, un Dio Padre, un Dio Che discende sulla terra, dei cuori convertiti, tale sarà di fatto l'opera dello Spirito Santo, la sua manifestazione definitiva in Gesù Cristo.

V. CONCLUSIONE: SPIRITO E PAROLA

Da un capo all'altro del VT lo Spirito e la parola di Dio non Cessano di agire insieme. Se il Messia può osservare la parola della legge data da Dio a Mosè e realizzare la giustizia, si è perché ha lo Spirito; se il profeta rende testimonianza alla parola, si è perché lo Spirito lo ha afferrato; se il servo può portare alle nazioni la parola della salvezza, si è perché lo Spirito riposa su di lui; se Israele è Capace un giorno di aderire in cuor suo a questa parola, ciò sarà soltanto nello Spirito. Inseparabili, le due potenze hanno tuttavia dei tratti ben distinti- La parola penetra dal di fuori, come la spada mette a nudo le carni; lo Spirito è fluido e si infiltra insensibilmente. La parola si fa sentire e conoscere; lo Spirito rimane ínvisibile. La parola è rivelazione; lo Spirito trasformazione interna. La parola si leva, ritta, sussistente; lo Spirito scende, si diffonde, sommerge. Questa divisione dei compiti e la loro necessaria associazione si ritrovano nel NT: la parola di Dio fatta Carne per opera dello Spirito non fa nulla senza lo Spirito, e la consumazione della sua opera è il dono dello Spirito.

NT

I. LO SPIRITO IN GESÙ

1. Il battesimo di Gesù. - Giovanni Battista, attendendo il Messia, attendeva nello stesso tempo lo Spirito in tutta la sua potenza; agli atti dell'uomo esso avrebbe sostituito l'irresistibile azione di Dio: « Io vi battezzo nel l'acqua per la penitenza..., egli vi battezzerà nello Spirito Santo e nel fuoco » (Mt 3, 11). Dei simboli tradizionali Giovanni ritiene il più inaccessibile, la fiamma. Gesù non ripudia questo annuncio, ma lo compie in un modo che confonde Giovanni. Riceve il suo battesimo, e lo Spirito si manifesta su di lui in una forma che è nello stesso tempo semplicissima e divina, associato all'acqua e al vento, nella visione del cielo che si apre e donde discende una colomba. Il battesimo di acqua, che Giovanni credeva abolito, diventa, per l'atto di Gesù, il battesimo nello Spirito. Nell'uomo che si confonde tra i peccatori lo Spirito rivela il Messia promesso (Lc 3, 22 = Sal 2, 7), 1'agnello offerto in sacrificio per il peccato del mondo (Gv 1, 29), ed il Figlio diletto (MC 1, 11). Ma lo rivela nel suo modo misterioso, senza apparenza di azione; il Figlio agisce e si fa battezzare, il Padre parla al Figlio, ma lo Spirito non parla e non agisce. Tuttavia la sua presenza è necessaria al dialogo tra il Padre ed il Figlio. Indispensabile, lo Spirito, rimane tuttavia muto ed apparentemente inattivo: non unisce la sua voce a quella del Padre, non unisce alcun atto a quello di Gesù. Che fa dunque? - Fa sì che avvenga l'incontro, comunica a Gesù la parola di compiacimento, di fierezza e di amore che gli viene dal Padre e lo pone nel suo atteggiamento di Figlio. Verso il Padre lo Spirito Santo fa salire la consacrazione di Cristo, le primizie del sacrificio del Figlio diletto.

2. Gesù concepito di Spirito Santo. - La presenza dello Spirito in Gesù, manifestata soltanto al battesimo, risale alle origini stesse del suo essere. II battesimo di Gesù non è una scena di vocazione, ma l'investitura del Messia e la presentazione da parte di Dio del Figlio suo, il servo che egli teneva in serbo, come annunciavano gli « ecco » profetici (Is 42, 1; 52, 13). I giudici, i profeti, i re, si trovano un giorno invasi dallo Spirito, Giovanni Battista ne è afferrato tre mesi prima di nascere; in Gesù lo Spirito non determina una personalità nuova; fin dal suo primo istante egli abita in lui e lo fa esistere; fin dal seno materno fa di Gesù il Figlio di Dio. I vangeli dell'infanzia sottolineano entrambi quest'azione iniziale (Mt 1, 20; Lc 1, 35). Quello di Luca, Col suo modo di paragonare l'annunciazione a Maria alle annunciazioni anteriori, indica nettamente che quest'azione è più che una consacrazione. Sansone (Giud 13, 5), Samuele (1 Sam 1, 11) e Giovanni Battista (Lc 1, 15) erano stati tutti e tre consacrati a Dio fin dal loro concepimento, in un modo più o meno totale e diretto. Gesù invece, senza la mediazione di alcun rito, senza l'intervento di alcun uomo, ma per la sola azione dello Spirito in Maria, non è più soltanto consacrato a Dio, ma « santo » per il suo stesso essere (Lc 1, 35).

3. Gesù agisce nello Spirito. - Con tutta la sua condotta Gesù manifesta l'azione in sé dello Spirito (Lc 4,14). Nello Spirito egli affronta il demonio (MI 4, 1) e ne libera le vittime (12, 28), apporta ai poveri la buona novella e la parola di Dio (Lc 4, 18). Nello Spirito ha accesso al Padre (Lc 10, 21). I suoi miracoli che sconfiggono il male e la morte, la forza e la verità della sua parola, la sua familiarità immediata con Dio sono la prova Che su di lui « riposa lo Spirito » (Is 61,1) e che egli è nello stesso tempo il Messia che salva, il profeta atteso ed il servo diletto.

Negli ispirati di Israele le manifestazioni dello Spirito avevano sempre qualcosa di occasionale e di transitorio; in Gesù sono permanenti. Egli non riceve la parola di Dio; qualunque cosa dica, la esprime; non aspetta il momento di fare un miracolo: il miracolo nasce da lui, come da noi l'atto più semplice; non riceve le confidenze divine: vive sempre dinanzi a Dio in una trasparenza totale. Nessuno ha mai posseduto lo Spirito come lui, « al di là di ogni misura » (Gv 3,34).

Così pure nessuno l'ha mai posseduto allo stesso modo. Gli ispirati del VT, anche quando conservano tutta la loro Coscienza, sanno di essere afferrati da uno più forte di essi. Nessuna traccia in Gesù di costrizione, di Ciò che indica ai nostri occhi l'ispirazione. Per compiere le opere di Dio si direbbe che egli non ha bisogno dello Spirito. Non già che possa mai farne a meno, come non può fare a meno del Padre; ma come il Padre « è sempre con » lui (Gv 8, 29), Così lo Spirito non può mai mancargli. L'assenza in Gesù delle ripercussioni abituali dello Spirito è un segno della sua divinità. Egli non avverte lo Spirito come una forza che lo invada dal di fuori, ma è di casa nello Spirito; lo Spirito gli appartiene, è il suo proprio Spirito (cfr. Gv 6, 14 s).

II. GESÙ PROMETTE LO SPIRITO

Ripieno dello Spirito e non agendo se non per mezzo suo, Gesù tuttavia quasi non ne parla. Lo manifesta con tutti i suoi atti, ma finché vive in mezzo a noi, non può mostrarlo distinto da sé. Affinché lo Spirito sia effuso e riconosciuto bisogna che Gesù se ne vada (Gv 7, 39; 16, 7); allora si riconoscerà quel che è lo Spirito e che viene da lui. Gesù quindi non parla ai suoi dello Spirito se non separandosi sensibilmente da essi, in modo temporaneo (Mt 10, 20) o definitivo (Gv 14, 16 s. 26; 16, 13 ss). Nei sinottici sembra Che lo Spirito non debba manifestarsi se non nelle situazioni gravi, in mezzo ad avversari trionfanti, dinanzi ai tribunali (MC 13, 11). Ma le confidenze del discorso dopo la cena sono più precise: l'ostilità del mondo per Gesù non è un fatto accidentale, e se non la manifesta ogni giorno con persecuzioni violente, tuttavia ogni giorno i discepoli sentiranno pesare su di sé la sua minaccia (Gv 15, 18-21), e perciò ogni giorno anche lo Spirito sarà Con essi (14, 16 S).

Come Gesù ha confessato il Padre suo con tutta la sua vita (Gv 5, 41; 8, 50; 12, 49), Così i discepoli dovranno rendere testimonianza al Signore (Mc 13,9; Gv 15,27). Essi, finché Gesù viveva con loro, non temevano nulla; egli era il loro paraclito, sempre presente per prendere la loro difesa e trarli d'impaccio (Gv 17,12). Dopo la sua partenza, lo Spirito occuperà il suo posto per essere il loro paraclito (14, 16; 16, 7). Distinto da Gesù, egli non parlerà in nome proprio, ma sempre in nome di Gesù, da cui è inseparabile e che egli « glorificherà » (16, 13 s). Ricorderà ai discepoli gli atti e le parole del Signore e ne darà loro l'intelligenza (14,26); darà loro la forza di affrontare il mondo nel nome di Gesù, di scoprire il senso della sua morte e di rendere testimonianza al mistero divino Che si è Compiuto in questo fatto scandaloso: la condanna del peccato, la sconfitta di Satana, il trionfo della giustizia di Dio (16, 8-I1).

III. GESÙ DISPONE DELLO SPIRITO

Morto e risorto, Gesù fa alla Chiesa il dono del suo Spirito. Un uomo Che muore, per quanto grande sia stato il suo spirito, per quanto profonda rimanga la sua influenza, è non di meno Condannato ad entrare nel passato. La sua azione gli può sopravvivere, ma non gli appartiene più; egli non può più nulla su di essa e deve abbandonarla alla mercé dei capricci degli uomini. Invece Gesù, quando muore e « rende il suo Spirito »a Dio, lo « trasmette » nello stesso tempo alla sua Chiesa (Gv 19, 30). Fino alla sua morte, lo Spirito sembrava circoscritto nei limiti normali della sua individualità umana e del suo raggio di azione. Ora che è esaltato alla destra del Padre nella gloria (12, 23), il figlio dell'uomo raduna l'umanità salvata (12, 32) ed effonde su di essa lo Spirito (7, 39; 20, 22 S; Atti 2, 33).

IV. LA CHIESA RICEVE LO SPIRITO

La Chiesa, nuova Creazione, non può nascere che dallo Spirito, da cui ha origine tutto ciò Che nasce da Dio (Gv 3, 5 s). Gli Atti sono Come « un vangelo dello Spirito ». L'azione dello Spirito vi presenta i due tratti osservati già nel VT. Da una parte, prodigi ed atti eccezionali: ispirati presi da emozioni estatiche (Atti 2, 4. 6. 11), ammalati e indemoniati liberati (3, 7; 5, 12. 15 ... ), sicurezza eroica dei discepoli (4, 13. 31; 5, 20; 10, 20). Dall'altra parte queste meraviglie, segni della salvezza definitiva, attestano che la Conversione è possibile, che i peccati sono perdonati, Che è giunta l'ora in cui, nella Chiesa, Dio effonde il suo Spirito (2, 38; 3, 26; 4, 12; 5, 32; 10, 43). Questo Spirito è lo Spirito di Gesù: fa ripetere gli atti di Gesù, fa annunziare la parola di Gesù (4, 30; 5, 42; 6, 7; 9, 20; 18, 5; 19,10. 20), fa ridire la preghiera di Gesù (Atti 7, 59 s = LC 23, 34. 46; Atti 21, 14 = LC 22, 42), fa perpetuare nella frazione del pane il ringraziamento di Gesù; conserva tra i fratelli l'unione (Atti 2, 42; 4, 32) che raggruppava i discepoli attorno a Gesù. Impossibile pensare al persistere di abitudini prese al suo Contatto, ad una volontà deliberata di riprodurre la sua esistenza. Vivendo Con essi, gli era stata necessaria tutta la forza della sua personalità per conservarli attorno a sé. Ora che non lo vedono più, e pur sapendo dal suo esempio a che cosa si espongono, i suoi discepoli seguono le sue orme spontaneamente: hanno ricevuto lo Spirito di Gesù. Lo Spirito Santo è la forza che spinge la Chiesa nascente « fino alle estremità della terra » (1, 8); ora egli si impadronisce direttamente dei pagani (10, 44), dimostrando in tal modo che è « effuso su ogni carne » (2, 17), ora manda in missione coloro che sceglie, Filippo (8, 26. 29 s), Pietro (10, 20), Paolo e Barnaba (13, 2. 4). Ma non si trova soltanto al punto di partenza: accompagna e guida l'azione degli apostoli (16, 6 s), dà alle loro decisioni la sua autorità (15, 28). Se la parola « cresce e si moltiplica » (6, 7; 12, 24), la sorgente interna di questo slancio nella gioia è lo Spirito (13, 52).

V. L'ESPERIENZA DELLO SPIRITO IN S. PAOLO

1. Lo Spirito, gloria di Cristo in noi. - « Colui che ha risuscitato Gesù » (Rom 8, 11) Con la potenza del suo Spirito di santità (Rom 1, 4) ed ha fatto di lui uno « spirito vivificatore » (1 Cor 15, 45), ha fatto nello stesso tempo dello Spirito « la gloria del Signore » risorto (2 Cor 3, 18). Il dono dello Spirito Santo è la presenza in noi della gloria del Signore Che ci trasforma a sua immagine. Paolo quindi non separa Cristo e lo Spirito, vita « in Cristo » e vita « nello Spirito ». « Vivere, è Cristo » (Gal 2, 20), ed è pure lo Spirito (Rom 8, 2. 10). Essere « in Cristo Gesù » (Rom 8, 1), è vivere « nello Spirito » (8, 5...).

2. I segni dello Spirito. - La vita nello Spirito non è ancora possesso intuitivo dello Spirito, ma una vita nella fede; tuttavia è un'esperienza reale ed una certezza concreta, perché è, attraverso segni, l'esperienza di una presenza. Questi segni sono estremamente vari. Tuttavia tutti, dai carismi relativamente esterni, il dono delle lingue o di guarigione (1 Cor 12, 28 s; 14, 12), fino ai a doni superiori » (12, 31) di fede, di speranza e di Carità, sono al servizio del vangelo a cui rendono testimonianza (1 Tess 1, 5 s; 1 Cor 1, 5 S) e del corpo di Cristo che edificano (1 Cor 12, 4-30). Attraverso gli atti e gli stati dell'uomo, attraverso « i doni che Dio ci ha fatti » (1 Cor 2, 12), tutti fanno pure percepire una presenza personale, qualcuno Che « abita » (Rom 8, 11) in noi, Che « attesta » (8, 16), che « intercede » (8, 26), che « si unisce al nostro spirito » (8, 16) e « grida nei nostri cuori » (Gal 4, 6).

3. Lo Spirito, fonte della nuova vita. - Sotto forme molto varie l'esperienza dello Spirito è in fondo sempre identica: ad un'esistenza Condannata e già segnata dalla morte è succeduta la vita. Alla legge, che ci teneva prigionieri nella vetustà della lettera, sottentra « la novità dello Spirito » (Rom 7, 6); alla maledizione della legge sottentra la benedizione di Abramo nello Spirito della promessa (Gal 3, 13 s); all'alleanza della lettera che uccide succede l'alleanza dello Spirito che vivifica (2 Cor 3, 6). Al peccato, che imponeva la legge della carne, succede la legge dello Spirito e della giustizia (Rom 7, 18. 25; 8, 2. 4). Alle opere della carne succedono i frutti dello Spirito (Gal 5, 19-23). Alla condanna, che faceva pesare sul peccatore la « tribolazione e l'angoscia » (Rom 2, 9) dell'ira divina, sottentrano la pace e la gioia dello Spirito (1 Tess 1, 6; Gal 5, 22 ... ).

Questa vita ci è data, e nello Spirito noi non manchiamo di alcun dono (1 Cor 1, 7), ma ci è data nella lotta, perché in questo mondo non abbiamo ancora dello Spirito che la « caparra » (2 Cor l, 22; 5, 5; Ef 1, 14) e le « primizie » (Rom 8, 23). Lo Spirito Ci chiama alla lotta Contro la carne; agli indicativi, che affermano la sua presenza, si mescolano costantemente gli imperativi che proclamano le sue esigenze: « Poiché lo Spirito è la nostra vita, lo Spirito ci faccia pure agire » (Gal 5,25; cfr. 6, 9; Rom 8, 9. 13; Ef 4, 30) e trasformi gli «esseri di carne, bambini in Cristo » in « uomini spirituali » (1 Cor 3, 1).

4. Lo Spirito e la Chiesa. - La nuova creazione nata dallo Spirito è la Chiesa. Chiesa e Spirito sono inseparabili: l'esperienza dello Spirito avviene nella Chiesa e dà accesso al mistero della Chiesa. I carismi sono tanto più preziosi, in quanto Contribuiscono più efficacemente ad edificare la Chiesa (1 Cor 12, 7; 14, 4...) ed a consacrare il tempio di Dio (1 Cor 3,16; Ef 2,22). Rinnovando incessantemente la sua azione ed i suoi doni, lo Spirito lavora costantemente all'unità del corpo di Cristo (1 Cor 12, 13). Spirito di comunione (Ef 4, 3; Fil 2, 1), che effonde nei cuori il dono supremo della carità (1 Cor 13; 2 Cor 6, 6; Gal 5, 22; Rom 5, 5), egli li raccoglie tutti nella sua unità (Ef 4,4). 5. Lo Spirito di Dio. - « Un solo corpo ed un solo Spirito... un solo Signore... un solo Dio » (Ef 4, 4 ss). Lo Spirito unisce perché è lo Spirito di Dio; lo Spirito consacra (2 Cor 1, 22) perché è lo Spirito del Dio santo. Tutta l'azione dello Spirito Consiste nel farci accedere a Dio, nel metterci in comunicazione viva con Dio, nell'introdurci nelle sue profondità sacre e nell'aprirci i segreti di Dio » (1 Cor 2, 10 s). Nello Spirito noi conosciamo Cristo e confessiamo che « Gesù è Signore » (12, 3), preghiamo Dio (Rom 8, 26) e lo chiamiamo con il suo nome: « Abba » (Rom 8, 15; Gal 4, 6). Dal momento che possediamo lo Spirito, nulla al mondo Ci può portare alla perdizione, perché Dio si è donato a noi, e noi viviamo in lui.

Fonte: Dizionario di Teologia Biblica