Scrutatio

Sabato, 20 aprile 2024 - Beata Chiara Bosatta ( Letture di oggi)

Schiavo


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La schiavitù era praticata in Israele. Molti schiavi erano di origine straniera: prigionieri di guerra ridotti in schiavitù, secondo l'usanza generale dell'antichità (Deut 21, 10), oppure schiavi comperati da mercanti Che ne facevano traffico (Gen 17, 12). Anche degli Ebrei venivano venduti oppure si vendevano Come schiavi (Es 21, 1-11; 22, 2; 2 Re 4, 1). Tuttavia la schiavitù non ha mai raggiunto in Israele né l'ampiezza, né la forma Che conobbe nell'antichità classica. Di fatto Israele restava segnato dalla sua duplice esperienza iniziale: la sua miseria nel paese della schiavitù e la meravigliosa storia della sua librazione ad opera di Dio (Deut 26, 6 ss; Es 22, 20). Ne conseguiva da una parte il suo snodo particolare di considerare il problema sociale della schiavitù e dall'altra parte la riflessione religiosa suscitata da questa realtà.

I. IL PROBLEMA SOCIALE

È utile osservare anzitutto che nella Bibbia la stessa parola designa ad un tempo il servo e lo schiavo. Certamente la legge accetta la schiavitù propriamente detta, come un uso corrente (Es 21,21); ma ha sempre mirato ad attenuarne il rigore, testimoniando in tal modo un autentico senso di umanità. Pur essendo proprietario del suo schiavo, il padrone non ha tuttavia il diritto di maltrattarlo a piacer suo (Es 21, 20. 26 s). Se si tratta di uno schiavo ebreo, la, legge si mostra ancora più restrittiva. Salvo il consenso dell'interessato, proibisce la schiavitù a vita: il codice dell'alleanza ordina la liberazione settennale (Es 21, 2); più tardi, il Deuteronomio correda questa liberazione di attenzioni fraterne (Deus 15, 13 s); dal canto suo la legislazione levitica istituirà una liberazione generale in occasione dell'anno giubilare, forse per supplire alla non applicazione delle misure precedenti (Lev 25, 10; cfr. Ger 34, 8). Infine la legge vuol far passare lo schiavo ebreo allo statuto di salariato (Lev 25, 39-55), perché i figli di Israele, liberati da Dio dalla schiavitù di Egitto, non possono più essere schiavi di un uomo. Il problema della schiavitù si è nuovamente posto nelle comunità cristiane del mondo greco-romano. Paolo l'ha incontrato specialmente a Corinto. La sua risposta è fermissima: quel che ormai ha importanza non è questa o quella condizione sociale, ma la chiamata di Dio (1 Cor 7, 17 ... ). Lo schiavo farà dunque il suo dovere di cristiano servendo al suo padrone « come a Cristo » (Ef 6, 5-8). Il padrone cristiano comprenderà che lo schiavo è suo fratello in Cristo; lo tratterà fraternamente e saprà anche affrancarlo (Ef 6,9; Filem 14-21). Di fatto nell'uomo nuovo non esiste più la vecchia antinomia schiavo-uomo libero; ciò Che soltanto importa « è di essere una nuova creatura » (Gal 3, 28; 6, 15).

II. IL TEMA RELIGIOSO

Liberato dalla schiavitù ad opera di Dio, Israele vi ricadeva se era infedele (Giud 3, 7 s; Neem 9, 35 s). Ha Così imparato che peccato e schiavitù vanno di pari passo, ed ha sentito il bisogno di essere liberato dalle sue colpe (Sal 130; 141, 3 s). Il NT rivela ancor meglio questa miseria più profonda: dopo Che, per opera di Adamo, il peccato è entrato nel mondo, tutti gli uomini gli sono interiormente asserviti e nello stesso tempo piegano sotto il timore della morte, suo inevitabile salario (Rom 5, 12..., 7, 13-24; Ebr 2, 14 s). La legge stessa non faceva che rafforzare questa schiavitù. Soltanto Cristo era in grado di spezzarla, perché egli era il solo su cui il principe di questo mondo non avesse potere alcuno (Gv 14, 30). Egli è venuto a liberare i peccatori (Gv 8, 36). Per spezzare la loro schiavitù ha accettato di assumere egli stesso una condizione di schiavo (Fil 2, 7), una carne simile a quella del peccato (Rom 8, 3), e di essere obbediente fino alla morte di croce (Fil 2, 8). Si è fatto il servo non soltanto di Dio, ma degli uomini, che in tal modo ha redento (Mt 20,28 par; cfr. Gv 13,1-17). Meglio degli Ebrei liberati dall'Egitto, i battezzati sono quindi divenuti i liberti del Signore, o se si vuole, gli schiavi di Dio e della giustizia (1 Cor 7, 22 s; Rom 6, 16-22; cfr. Lev 25, 55). Ormai sono liberati dal peccato, dalla morte, dalla legge (Rom 6 - 8; Gal 5, 1). Da schiavi, sono divenuti figli nel Figlio (Gv 8,32-36; Gal 4,4-7.21-31). Ma, liberi nei Confronti di tutti, si fanno nondimeno servi e schiavi di tutti, sull'esempio del loro Signore (1 Cor 9, 19; Mi 20, 26-27 par.; Gv 13, 14 ss). Perché se il servizio dell'uomo è incidentale e se la schiavitù del peccato e della carne è anormale, il servizio di Dio e dei fratelli costituisce la vocazione stessa del cristiano.

Autore: C. Augrain
Fonte: Dizionario di Teologia Biblica