Scrutatio

Martedi, 23 aprile 2024 - San Giorgio ( Letture di oggi)

Preghiera


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I. LA PREGHIERA NELLA STORIA DI ISRAELE La costante più stabile delle preghiere del VT è senza dubbio la loro relazione col disegno salvifico di Dio: si prega prendendo lo spunto da ciò che è avvenuto, da ciò che avviene, ed affinché avvenga qualcosa, affinché la salvezza di Dio sia data alla terra. Il contenuto della preghiera di Israele la colloca quindi nella storia. Dal canto suo, la storia sacra è connotata dalla preghiera: è sorprendente il constatare quanti grandi momenti di questa storia sono punteggiati dalla preghiera dei mediatori e di tutto il popolo, che si fondano sulla conoscenza del *disegno di Dio per ottenere il suo intervento nell‘ora presente. Se ne daranno soltanto alcuni esempi, in attesa che la preghiera di Cristo e quella della sua sposa, la Chiesa, li vengano a confermare. 1. Mosè. - Egli è colui che domina tutte le figure di oranti del VT. La sua preghiera, tipo della preghiera di intercessione, annunzia quella di Gesù. In considerazione di lui Dio salva il popolo (Es 33, 17), da cui Mosè è ben distinto (32, 10; 33, 16). Questa preghiera è drammatica (32, 32); i suoi argomenti seguono lo schema di ogni supplica: - appello all‘amore di Dio: «questa nazione è il tuo popolo» (33, 13; cfr. 32, 11; Num 11,12), - appello alla sua giustizia e fedeltà: affinché ti si riconosca, ricordati delle tue azioni passate, - considerazione della gloria di Dio: che diranno gli altri se tu ci abbandoni (Es 32,11-14)? Sempre dalla preghiera, una preghiera più contemplativa e che lo trasforma per il bene altrui (34, 29-35), nasce l‘opera di *Mosè legislatore. Il ciclo di Mosè conserva infine il ricordo ed il tipo di un pervertimento della preghiera: «tentare Dio». La preghiera vi segue la tendenza della cupidigia in opposizione all‘appello della *grazia verso il disegno divino: nell‘episodio di Meriba ed in quello delle quaglie si mette Dio alla *prova (Es 16, 7; Sa] 78; 106, 32). Ciò equivale a dire che si crederà, se egli fa fa nostra volontà (cfr. Giudit 8,11-17). $ l‘antípreghiera. 2. Re e profeti. - L‘annunzio messianico del profeta Natan suscita in David una preghiera la cui essenza è: «Agisci come hai detto» (2 Sam 7, 25; cfr. 1 Re 8, 26). Così pure Salomone, inaugurando il *tempio, include tutte le generazioni future nella sua preghiera (ufficio della Dedicazione: 1 Re 8, 10-61); vi predomina un elemento di contrizione (i Re 8, 47), che si ritroverà dopo la distruzione del tempio (Bar 2, 1- 3, 8; Neem 9). Altre preghiere regali ci sono state conservate (2 Re 19,15-19; 2 Cron 14,10; 20,6-12; 33,12. 18). La preghiera per il popolo entrava senza dubbio nelle funzioni ufficiali del re. Il potere di intercedere (Gen 18, 22- 32) fa sl che *Abramo sia chiamato profeta (20,7); i *profeti furono uomini di preghiera (Elia: 1 Re 18, 36 s; cfr. Giac 5, 17 s) e, come Samuele (cfr. Ger 15, 1), Amore (Am 7,1-6), ma soprattutto Geremia, degli intercessori. In quest‘ultimo la tradizione vedrà «colui che prega molto per il popolo» (2 Mac 15, 14). La funzione di intercessore suppone una chiara coscienza sia della distinzione che della relazione che si stabiliscono tra l‘individuo e la comunità. Appunto questa coscienza (cfr. anche Ger 45,1-5) costituisce la ricchezza della preghiera di Geremia, parallela in più punti a quella di Mosè, ma più abbondantemente illustrata. Ora egli è colui che domanda la salvezza del popolo (10, 23; 14, 7 ss. 19-22; 37, 3...) di cui fa suoi i dolori (4, 19; 8, 18-23; 14, 17 s); ora si lamenta di esso (15,10; 12,1-5) ed invoca persino *vendetta (15, 15; 17, 18; 18, 19-23); ora si duole della propria sorte (20, 7-18). Numerosi sono i rapporti di forma e di fondo tra queste preghiere e la raccolta dei salmi. Anche Esdra e Neemia pregano sia per se stessi Che per gli altri (Esd 9, 6-15; Neem 1, 411). Così pure, più tardi, i Maccabei non si battono senza pregare (1 Mac 5, 33; 11, 71; 2 Mac 8, 29; 15, 20-28). L‘importanza della preghiera personale formulata non fa Che crescere nei libri postesilici che apportano così una preziosa testimonianza (Giona 2, 3-10; Tob 3, 11-16; Giudit 9, 2-14; Est 4,17). Queste preghiere sono state scritte per essere lette in un racconto, dopo di che è possibile, e la Chiesa ne rivolge l‘invito, farle proprie. Ma coloro che diedero forma di raccolta al salterio si prefiggevano di farne un libro di preghiere: nessuna preghiera di Israele è paragonabile al salterio a motivo del suo carattere universale. II. I SALMI, PREGHIERA DELL‘ASSEMBLEA Meraviglie di Jahve (Sal 104...), comandamenti (Sal 15; 81 ...), profetismo (Sal 50 ...), sapienza (Sal 37 ...), tutta la Bibbia confluisce nei salmi come per Capillarità e vi diventa preghiera. Il sentimento dell‘unità della preghiera del popolo eletto ne ha diretto sia l‘elaborazione, sia l‘adozione da parte della Chiesa. Dandoci il salterio, Dio Ci pone sulla bocca le parole che vuole sentire, ci indica le dimensioni della preghiera. 1. Preghiera comunitaria e personale. - È sovente la nazione ad esultare, a ricordarsi od a lamentarsi: «ricordati», «fino a quando?» (Sal 44; 74; 77); od ancora la comunità dei pii (Sal 42, 5; i Cantici delle salite...). Vi è sovente evocato il tempio, presente o lontano, Centro di risonanza della preghiera dell‘assemblea (Sal 5, 8; 28, 2; 48, 10 ...). Si fa appello ai giusti (Sal 119, 63), che servono di argomento: non perdano la fede vedendoci cadere (Sal 69, 7); li si metterà al corrente quando si sarà stati esauditi (Sal 22, 23 - Eb- 2, 12). Nonostante il frequente ricorrere delle stesse espressioni, il salterio non è un semplice formulario o cerimoniale. L‘accento spontaneo vi indica l‘origine di un‘esperienza personale- Oltre alle preghiere propriamente individuali, soprattutto il posto riservato al re illustra l‘importanza uguale data all‘individuo ed alla comunità: il *re è, a titolo eminente, una persona unica, e nello stesso tempo il gruppo trova in lui il suo simbolo vivente. Il collegamento tradizionale della tac. colta a David, che fu il primo salmista, indica il suo legame Con la preghiera mediatrice di Gesù, figlio di David. 2. Preghiera della prova. - La preghiera dei salmi prende lo spunto dalle diverse situazioni dell‘esistenza. Vi si sente poco il profumo della solitudine (Sal 55, 7; 11,1); vi si sente molto la pubblica piazza e la guerra (Sal 55; 59; 22, 13 s. 17), il che crea un testo più caotico e rumoroso di quanto taluni si attenderebbero da un libro di preghiere. Se si chiama Dio con queste grida, con questi ruggiti (Sal 69, 4; 6, 7; 22, 2; 102, 6), si è perché tutto è in gioco, perché si ha bisogno di lui con tutto l‘io, anima e corpo (Sal 63, 2). Il corpo, con le sue prove e le sue gioie, occupa in questa preghiera il posto che ha nella vita (Sal 22; 38 ...). Il salmista Cerca tutti i *beni: il 166 (Sal 4), e non li aspetta che da Dio. Per il fatto che non rinunzia né a vivere con Dio né a camminare quaggiù, egli si prepara al crogiuolo della *prova. Fuori di questa prospettiva - l‘esperienza del comportamento di Dio nelle vie dell‘uomo in cammino -, non si può comprendere la sua preghiera. Le grida di supplica partono dai momenti in Cui l‘attesa della *fede è messa alla prova: il *disegno di Dio sull‘individuo o sul popolo è fallito, oppure no? Attorno al supplicante si ignora la preghiera (Sal 53, 5); lo si stuzzica: «Dov ?è il tuo Dio?» (Sal 42, 4), ed egli interroga se stesso (Sal 42-43; 73): la sua certezza non è di quelle a cui la vita non potrebbe mai togliere od aggiungere nulla. Ciò illumina i passi in cui l‘innocenza si proclama da sola non per pura compiacenza, ma di fronte al pericolo e perché il *nemico, sempre presente, la nega (Sal 7, 4 ss; 26). 3. Preghiera sicura. - Il motivo dominante della preghiera dei salmi è batali: confidare (Sal 25, 2; 55, 24 ...). Questa *fiducia, che passa dal riso alle lacrime e viceversa (Sal 23, 4; 116, 10; 119, 143), si equilibra tra la supplica e il *ringraziamento. Si ringrazia persino prima di aver ottenuto (Sal 22, 25 ss; 140,14; cfr. Gv 11,41). I salmi che contengono la sola *lode costituiscono una parte importante della raccolta. I tre giovanetti che nella fornace lodano assieme costituiscono per il salterio un‘immagine generica. 4. Preghiera alla ricerca del vero bene. - Attendendo da Dio il bene, qualunque esso sia, l‘uomo è Chiamato a superare se stesso con la scoperta che è *Dio stesso a donarsi con questo bene. Si dichiara la *gioia di vi. vere sotto lo sguardo di Dio, di essere con lui, di abitare nella sua *casa (Sal 16; 23; 25,14; 65,5; 91; 119, 33 ss). Quanto alla speranza che Dio Conceda all‘uomo l‘accesso alla sua stessa *vita, non si può affermare che la preghiera nei salmi se ne sia nutrita, ma questo *dono gratuito è presentito (Sal 73,24 ss; 16). Colui che è modellato dalla preghiera dei salmi è preparato a riceverlo, e troverà in essi di che esprimere questa esperienza. 5. Il salterio, preghiera di Gesù. - Infatti la rivelazione di Cristo autorizzerà una trasposizione ed un arricchimento delle speranze del salmista; non ne sopprimerà la radice nella nostra Condizione umana. Inoltre, l‘applicazione dei salmi potrà farsi a Cristo prima di ogni trasposizione: i salmi saranno la sua preghiera (cfr. MI 26, 30); egli ne sarà formato, Come tutti Coloro che lo circondano. Una *pietà desiderosa di «imparare Cristo» (Ef 4, 20) potrebbe trascurare questo documento fondamentale? III. LA PREGHIERA COM‘È INSEGNATA DA GESÙ Mediante Nncarnazione, il Figlio di Dio è Collocato al centro della richiesta incessante degli uomini. Egli la nutre di speranza rispondendovi; nello stesso tempo loda, incoraggia, od educa la *fede (Lc 7, 9; Mi 9, 22. 29; 15, 28). Collocato su questo sfondo vissuto, il suo insegnamento si estende anzitutto sul modo di pregare, più abbondantemente Che sulla necessità della preghiera: «quando pregate, dite...» (Lc 11, 2). 1. I sinottici. - Il Pater è il centro di questo insegnamento (Lc 11, 2 ss; Mi 6, 9-13). Dall‘invocazione di Dio come *Padre, che prolunga, superandola, l‘intimità dei salmi (Sal 27, 10; 103, 13; cfr. Is 63, 16; 64, 7), deriva tutto l‘atteggiamento dell‘orante. Questa invocazione è un atto di fede e già un dono di sé, che immette nel Circuito della carità. Ne deriva che, perfettamente in linea con la preghiera biblica, egli fa passare dinanzi a tutto la preoccupazione del *disegno di Dio: del suo *nome, del suo *regno (cfr. Mi 9, 38), dell‘attuazione della sua *volontà. Ma domanda pure il *pane (che egli offre nell‘eucaristia), poi il *perdono, dopo essersi *riconciliato con i figli dello stesso Padre, ed infine la grazia di non essere travolto dalle *prove del tempo futuro. Le altre prescrizioni inquadrano o completano il Pater noster, nominano sovente il Padre. L‘impressione dominante è che la certezza di essere esauditi è fonte e condizione della preghiera (Mt 18, 19; 21, 22; LC 8, 50). Marco lo esprime nel modo più diretto: «se egli non esita in cuor suo, ma Crede Che accadrà ciò che dice, l‘otterrà» (MC 11, 23; Cfr. 9, 23 e soprattutto Giac 1, 5-8). Ora, si è sicuri perché si prega il Padre (LC 11, 13; Mt 7, 11). L‘interiorità si fonda sulla presenza del Padre che vede nel segreto (Mi 6, 6; cfr. 6, 4. 18). Non accavallare e ripetere le parole (Mt 6, 7) quasi che Dio sia lontano da noi, Come Baal deriso da Elia (1 Re 18, 26 ss), mentre è il nostro Padre. Perdonare (Mc 11, 25 par.; Mi 6, 14). Pregare in unione fraterna (Mt 18, 19). Ricordare le proprie colpe in una preghiera contrita (Lc 18, 9-14). Bisogna pregare senza interruzione (Lc 18, 1; cfr. 11,5-8): la nostra perseveranza deve essere provata, la vigilanza del cuore espressa. La necessità assoluta della preghiera è insegnata nel contesto degli ultimi tempi (Le 18, 1-7), resi vicini dalla passione; senza di essa si sarebbe sommersi da «tutto Ciò che deve accadere» (Lc 21, 36; cfr. 22, 39-46); così pure il Pater termina implorando Dio contro la *tentazione insostenibile degli ultimi tempi. 2. Giovanni presenta sotto una luce molto unificata la pedagogia della preghiera, passaggio dalla richiesta alla vera preghiera, e dal *desiderio dei doni di Dio a quello del dono che apporta Dio stesso, Come leggevamo già nei salmi. Così la Samaritana è condotta dai suoi propri desideri fino a quello del *dono di Dio (Gv 4, 10), la folla al «*nutrimento che rimane per la vita eterna» (Gv 6, 27). Perciò la fede non è soltanto Condizione della preghiera, ma suo effetto: il desiderio è nello stesso tempo esaudito e purificato (Gv 4, 50. 53; 11, 25 ss. 45). IV. LA PREGHIERA DI GESÙ 1. La sua preghiera e la sua missione. - Nel vangelo nulla rivela la necessità assoluta della preghiera meglio del posto che essa occupa nella vita di Gesù. Egli prega spesso sul monte (Mi 14,23), solo (ibid.), in disparte Wc 9,18), anche quando «tutti [lo] cercano» (MC 1, 37). Si avrebbe torto di ridurre questa preghiera al solo desiderio dell‘intimità silenziosa con il Padre: essa Concerne la *missione di Gesù o l‘*educazione dei discepoli, che sono menzionate in quattro citazioni della preghiera proprie di Luca: nel battesímo (3, 21), prima della scelta dei dodici (6, 12), al momento della trasfigurazione (9, 29), prima dell‘insegnamento del Parer (11, 1). La sua preghiera è il segreto che attira coloro che gli sono più vicini ed in cui egli li fa sempre più entrare (9,18). Essa li Concerne: egli ha pregato per la fede dei suoi. Il legame tra la sua preghiera e la sua missíone è evidente nei quaranta giorni che la inaugurano nel deserto, perché fanno rivivere, superandolo, l‘esempio di Mosè. Questa preghiera è una prova per forante: Gesù, meglio di Mosè, trionferà del progetto satanico di tentare Dio (Mi 4, 7=Deut 6, 16: Massa), ed ancor prima della sua passione ci fa vedere di quali ostacoli dovrà trionfare la nostra stessa preghiera. 2. La sua preghiera e la sua passione. - La prova decisiva è quella della fine, quando Gesù prega e vuole far pregare Con sé i suoi discepoli sul Monte degli Ulivi. Questo momento contiene tutta la preghiera cristiana; filiale: «Abba»; sicura: «tutto ti è possibile»; prova di obbedienza in cui è respinto il tentatore: «non Ciò che voglio io, ma Ciò che vuoi tu» (MC 14,36). Ed anche brancolante, come le nostre, quanto al suo vero oggetto. 3. La sua preghiera e la sua risurrezione. - Esaudita infine al di là dell‘attesa. Il conforto dell‘angelo (LC 22, 43) è la risposta immediata Che il Padre dà per il momento presente, ma la lettera agli Ebrei Ci fa vedere in un modo radicale ed ardito Che è la risurrezione ad esaudire questa preghiera così veramente umana di Cristo, «nei giorni della sua carne, avendo innalzato, con un forte gemito e con lacrime, preghiere e suppliche a colui che lo poteva salvare dalla morte, ed essendo stato esaudito a motivo della sua «pietà» (Ebr 5, 7). La risurrezione di Gesù, momento centrale della salvezza dell‘umanità, è una risposta alla preghiera dell‘uomo-Dio che riprende tutte le domande umane della storia della salvezza (Sal 2, 8: «chiedimi»). 4. La sera della cena. - Qui Gesù, dopo aver detto prima, tra l‘altro, Come pregare, prega poi egli stesso. Il suo insegnamento riprende quello dei sinottici quanto alla certezza di essere esaudito (parresìa in 1 Gv 3, 21; 5, 14), ma la condizione «nel mio nonne» apre nuove prospettive. Si tratta di passare dalla richiesta più o meno istintiva alla vera preghiera. Il «sinora non avete domandato nulla nel mio nome» (Gv 16, 24) si può quindi applicare a molti battezzati. Pregare «nel nome» di Cristo suppone più che una formula, così come compiere un passo in *nome di un altro suppone un legame reale con quest‘altro. Pregare in tal modo non significa domandare unicamente le cose del cielo, ma volere ciò Che Gesù vuole; ora la sua volontà è la sua *missione: che la sua *unità Con il Padre diventi il fondamento dell‘unità dei Chiamati. «Che tutti siano uno come tu, Padre, sei in me, ed io in te» (Gv 17, 22 s). Essere nel suo nome e volere Ciò che egli vuole significa pure Camminare nei suoi comandamenti, il primo dei quali impone la Carità Che si domanda. La Carità quindi è tutto nella preghiera: condizione e termine. Il Padre dona tutto a motivo di questa unità. Così l‘affermazione Costante dei sinottici, che ogni preghiera è esaudita, è Confermata qui per cuori rinnovati: «senza dire alcuna *parabola» (Gv 16,29). Questa è una situazione nuova, che però realizza la promessa del *giorno di Jahve, in Cui «tutti coloro che invocheranno il nome di Jahve saranno salvati» (Gioe 3,5 = Rom 10, 13); la preghiera della cena promulga l‘èra attesa, in Cui i benefici del cielo corrisponderanno ai desideri della terra (Os 2, 23-25; Is 30, 19-23; Zac 8,12-15; Am 9,13). Tale è la preghiera di Gesù, che trascende la nostra; di rado egli dice «prego», ma generalmente «chíedo», ed una volta «voglio» (alla fine: Gv 17,24). Questa preghiera esprime la sua intercessione (eterna secondo Ebr 7, 25) e rivela il contenuto interiore tanto della passione quanto del pasto eucaristico. Infatti l‘*eucaristia è il pegno della *presenza totale di Dio nel suo dono e la possibilità dello scambio perfetto. V. LA PREGHIERA DELLA CHIESA 1. La comunità. - La vita della Chiesa fa i suoi esordi nella cornice della preghiera di Israele. Il vangelo di Luca termina nel tempio dove gli apostoli stavano «continuamente... a lodare Dio» (Lc 24, 53; Atti 5, 12). Pietro prega all‘ora sesta (Atti 10, 9); Pietro e Giovanni vanno alla preghiera dell‘ora nona (3, 1; cfr. Sal 55, 18: indice di un ritmo liturgico). S ?innalzano le mani al cielo (1 Tim 2, 8; cfr. 1 Re 8, 22; Is 1, 15), stando in piedi e talvolta in *ginocchio (Atti 9, 40; cfr. 1 Re 8, 54). Si cantano salmi (Ef 5, 19; Col 3,16). «Tutti, con uno stesso cuore, erano assidui alla preghiera» (Atti 1, 14). Questa preghiera comunitaria, che prepara la Pentecoste, prepara dopo di essa tutti i grandi momenti della vita ecclesiale attraverso gli Atti: la sostituzione di Gíuda (1, 24-26), l‘istituzione dei Sette (6, 6) Che deve appunto facilitare la preghiera dei Dodici (6,4); Si prega per la liberazione di Pietro (4, 24-30), per i battezzati di Filippo in Samaria (8, 15). Vediamo pregare Pietro (9, 40; 10, 9) e Paolo (9, 11; 13, 3; 14, 23; 20, 36; 21, 5...). L‘Apocalisse Ci riporta echi della preghiera finnica dell‘assemblea (Apoc 5, 6-14 ...). 2. S. Paolo. a) Lotta. - Paolo accompagna le parole Che designano la preghiera Con la menzione «continuamente», «in ogni tempo» (Rom 1,10; Ef 6, 18; 2 Tess 1, 3. 11; 2, 13; Filem 4; Col 1, 9) o «notte e giorno» (1 Tess 3, 10; 1 Tim 5, 5). Egli concepisce la preghiera come una lotta: «Lottate Con me nelle preghiere che rivolgete a Dio per me» (Rom 15, 30; Col 4, 12), lotta che si confonde con quella del ministero (Col 2, 1). Per «vedere il volto» dei Tessalonicesi, egli prega «più che molto» (1 Tess 3, 10), lo stesso superlativo intraducibile che usa per definire il modo in cui Dio Ci esaudisce (Ef 3, 20). «Per tre volte ho supplicato il Signore», dice (2 Cor 12, 8), affinché fosse rimossa la spina Conficcata nella Carne. b) Preghiera apostolica. - L‘esempio citato è unico; infatti nella sua preghiera, indissolubilmente legata al disegno divino che si compie nella sua missione, tutte le domande esplicite Concernono il regno di Dio da promuovere. Ciò Comporta desideri concreti: la questua per Gerusalemme (Rom 15, 30 s) da far gradire, la fine di una tribolazione (2 Cor 1, 11), la sua libertà (Filem 22); per questo e per altre cose (Fil 1, 19; 1 Tess 5, 25) egli chiede le preghiere degli altri, così come rende noto ai Colossesi (4, 12) Che Epafra lotta per essi nella preghiera. La preghiera appare nettamente in lui come collegamento all‘interno del *corpo di Cristo in costruzione (vedere anche 1 Gv 5, 16). - c) Ringraziamento. - Si nota in lui costantemente l‘ondeggiamento tradizionale tra supplica e *lode: «preghiere e suppliche, Con ringraziamenti» (Fil 4, 6; cfr. 1 Tess 5, 17 s; 1 Tim 2, 1). Egli stesso inizia le sue lettere (eccetto Gal e 2 Cor, per motivi precisi) rendendo grazie per i progressi dei destinatari e riferendo le sue preghiere affinché Dio completi le sue grazie (Fil 1,9)- Sembra che il *ringraziamento attiri a sé tutte le altre componenti della preghiera: dopo quanto abbiamo ricevuto una volta per sempre in Gesù Cristo, non si può più pregare senza partire da questo dono, e si chiede per poter ringraziare (2 Cor 9, 11-15). d) Preghiera nello Spirito del Figlio. - Paolo apporta una luce precisa sulla funzione dello *Spirito nella preghiera che ci unisce alla Santissima Trinità. Come facciamo ancora tutti nei momenti di preghiera liturgica, egli rivolge le sue preghiere, per mezzo di Cristo, al Padre. È raro Che si rivolga al «Signore», Cioè a Gesù (2 Cor 12, 8; cfr. Ef 5, 19, ma Col 3, 16, parallelo, parla di «Dio» invece del Signore). Ora, ciò che Ci fa pregare per mezzo di Cristo (= nel suo nome), è precisamente lo Spirito di adozione (Rom 8, 15). Per mezzo suo, al pari di Gesù, diciamo «*Padre» e questo nella forma familiare «Abba», termine che i Giudei riservavano ai loro padri terreni e non avrebbero usato per il Padre del Cielo. Questo favore non può venire Che dall‘alto; «Dio ha mandato nei nostri Cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abba, Padre» (Gal 4, 6; cfr. Mc 14, 36). In tal modo è realmente soddisfatto il bisogno Che l‘umanità prova di giustificare la sua preghiera in una iniziativa divina. Ben più profondamente che un atteggiamento filiale, è un essere di *figlio che sta al Centro della nostra preghiera. Attraverso quindi i nostri brancolamenti (Rom 8,26), lo Spirito che prega in noi dà alla nostra preghiera la sicurezza (Ebr 4, 14 ss; Giac 4, 3 ss) di raggiungere le profondità da cui Dio ci chiama, che sono quelle della carità. Sappiamo come chiamare questo dono, Che è origine e termine della preghiera; è lo Spirito di amore già ricevuto (Rom 5, 5) e tuttavia domandato (Lc 11, 13). In lui noi domandiamo un *mondo nuovo; là si è sicuri di essere esauditi. Fuori di là, si prega «come i pagani». In lui ogni preghiera è il Contrario di una fuga: un appello che affretta l‘incontro del cielo e della terra: «Lo Spirito e la sposa dicono: ? Vieni ?... Sl, vieni,o Signore Gesù!» (Apoc 22,17.20).

Autore: E. Beaucamp
Fonte: Dizionario teologico biblico