Scrutatio

Martedi, 23 aprile 2024 - San Giorgio ( Letture di oggi)

Nube


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Come la notte o l‘ombra, la nube può significare una duplice esperienza religiosa: la vicinanza benefica di Dio od il castigo di colui che nasconde la sua faccia. Più ancora, è un simbolo privilegiato per indicare il mistero della presenza divina: manifesta Dio pur velandolo. Il simbolismo naturale delle nubi, che facilita la contemplazione della sapienza onnipotente (Giob 36, 22 - 37, 24), dovette aiutare a tradurre l‘esperienza della presenza divina. Le nubi offrono effettivamente due aspetti principali. Leggere e rapide (Is 60, 8), sono messaggeri - talvolta illusori (Giob 7, 9; Os 6, 4; 13, 3; Giuda 2) - che per lo più promettono la pioggia benefica (1 Re 18, 44 s; Is 5, 6; Sal 78, 23). Su questa base si comprende come possano diventare «il carro di Jahve» (Sal 104, 3). Dall‘altra parte, oscure, spesse, pesanti come la nebbia, formano un velo opaco attorno al Cielo (Giob 22,13 s) ed alla dimora divina (Sal 18, 12), ricoprono la terra di un‘ombra terrificante (Ez 34, 12; 38, 9. 16), come uragano minaccioso (Nah 1, 3; Ger 4, 13). 1. La colonna di nube e di fuoco. - Secondo il racconto jahvista dell‘esodo, gli Ebrei furono guidati da una «Colonna» che assume un duplice aspetto: «Jahve li precedeva, di giorno sotto la forma di una colonna di nube per indicare loro la strada, e la notte in forma di una Colonna di fuoco per illuminarli» (Es 13, 21 s). Il Signore è presente al suo popolo in ogni tempo, affinché possa proseguire il suo cammino. Assicura parimenti la sue protezione contro i nemici; la colonna modifica il suo aspetto, non più secondo il tempo, ma secondo gli uomini: «la nube era tenebrosa da un lato e luminosa dall‘altro» (14, 20); si parla pure di «colonna di fuoco e di nube» (14, 24), mani festando così il duplice volto del mistero divino: santità inaccessibile al peccatore, vicinanza di grazia per l‘eletto. In Dio le Contraddizioni si risolvono; nell‘uomo esse esprimono la presenza o l‘assenza del peccato. Questa coesistenza della nube e del fuoco, così cara alla pietà mistica, è stata ripresa nella tradizione ulteriore (Deut 1, 33; Neem 9, 12; Sal 78, 14; 105, 39; Sap 17, 20 - 18,4): Dio non ha parlato da un‘immagine fabbricata dall‘uomo, ma «di mezzo al fuoco, alla nube ed alle tenebre» (Deut 5, 22). 2. La nube e la gloria di Jahve. - Dio ha parlato dal Sinai; una nube aveva ricoperto il monte per sei giorni, mentre Jahve discendeva in forma di fuoco (Es 19, 16 ss). Secondo le tradizioni elohista e sacerdotale, per le quali la colonna di nube era «l‘angelo di Dio» (14, 19) in attesa di essere presenza dello «spirito santo... di Jahve» (Is 63, 13), la nube serve ad accrescere la trascendenza divina. Non c‘è più fuoco e nube, ma fuoco nella nube: la nube diventa un velo Che protegge la gloria di Dio contro gli sguardi impuri; non si vuol segnare tanto una discriminazione tra gli uomini, quanto la distanza tra Dio e l‘uomo. Nello stesso tempo accessibile ed impenetrabile, la nube permette di raggiungere Dio senza vederlo faccia a faccia, visione mortale (Es 33, 20). Dalla nube Che Copre il monte, Jahve Chiama Mosè che solo vi può penetrare (24, 14-18). D‘altra parte la nube, se protegge la gloria, la manifesta pure: «la gloria di Jahve apparve in forma di nube» (16, 10); sta immobile all‘ingresso della tenda del convegno (33, 9 s) o determina gli spostamenti del popolo (40, 34-38). Collegandosi un po ? al simbolismo precedente, essa è legata alla gloria che è fuoco (Num 9,15): in essa brillava un fuoco durante la notte (Es 40, 38). Più tardi, in occasione della sua consacrazione da parte di Salomone, il tempio fu «riempito» dalla nube, dalla gloria (1 Re 8, 10 ss; cfr. Is 6, 4 s). Ezechiele vedrà questa nube Che protegge la gloria lasciare il tempio (Ez 10, 3 s; cfr. 43, 4), ed il giudaismo ne sognerà il ritorno con quello della gloria (2 Mac 2, 8). 3. Le nubi escatologiche. - In corrispondenza con le teofanie dell‘esodo, il giorno di Jahve è accompagnato da nubi, che significano la venuta di Dio come giudice (cfr. Num 17, 7), sia attraverso il loro simbolismo naturale, sia mediante la metafora del veicolo celeste. La «nebbia spessa» (Gíos 24, 7) ad esempio serve a descrivere la venuta del Signore: è «un giorno di nubi e di oscurità» (Sof 1, 15; Ez 30, 3. 18; 34, 12; Nah 1, 3; Gioe 2, 2). La nube annunzia allora un uragano (Ger 4,13) che, dopo, lascia il ricordo di un velo dietro il quale Jahve si è nascosto: «Ti sei avvolto di una nube affinché la preghiera non passi» (Lam 3, 44). Le nubi possono anche indicare il tempo di un nuovo esodo benefico (Is 4, 5), ed assicurare la speranza della salvezza: «le nubi facciano piovere la giustizia!» (Is 45, 8). In base alla metafora che presentava Jahve che viene sul suo Carro (Sal 104, 3), «cavalcando una nube leggera» (Is 19, 1), in mezzo a Coloro Che formano la sua scorta (2 Sam 22, 12; Sal 97, 2), un‘immagine s ?è scolpita nell‘apocalittica: «Ecco venire sulle nubi del cielo Come un figlio d‘uomo» (Dan 7,13) il Cui impero non passerà. 4. Cristo e la nube. - Prima di venire sulle nubi del cielo, il figlio dell‘uomo è concepito dalla vergine Maria, ricoperta dall‘ombra dello Spirito Santo e dalla potenza dell‘Altissimo (LC 1, 35). Quando Gesù è trasfigurato, la nube manifesta, come nel VT, la presenza di Dio, ma anche la gloria del Figlio (Mi 17, 1-8 par.). Lo sottrae poi allo sguardo dei discepoli, provando che egli rimane in Cielo, al di là delle cose visibili (Atti 1, 9), ma presente ai suoi testimoni (7, 5 s). Come già nel VT, la nube sarà il suo carro celeste, quando il figlio dell‘uomo verrà nell‘ultimo giorno «Con» o «sulle nubi» (Mi 24, 30 par.; 26, 64 par.). Nell‘attesa, il veggente dell‘Apocalisse Contempla un figlio d‘uomo, «assiso su una nube bianca» (Apoc 14,14), Che viene, scortato dalle nubi (1, 7): tale è l‘apparato del Signore della storia. 5. 1 cristiani nella nube. - In occasione della trasfigurazione, la nube non ricoprì soltanto Gesù e i personaggi celesti, ma anche i discepoli (Lc 9, 34); essa unisce il cielo e la terra, consacrando il raduno dei discepoli inaugurato da Gesù intorno alla sua parola. I discepoli, una volta entrati nella nube celeste, sono consapevoli di Costituire ormai una comunità con Gesù e con il cielo stesso, nella misura in cui ascoltano la sua parola. Secondo un‘altra tradizione, come annunciava la profezia (Is 63, 14), la figura lascia il posto alla realtà, la nube allo Spirito. Mentre gli Ebrei erano stati «battezzati in [nome di] Mosè nella nube e nel mare» (1 Cor 10,1s), il Cristiano è battezzato in [nome di] Cristo nello Spirito Santo e nell‘acqua. La vera nube è lo Spirito che rivela (Gv 14, 26), che dirige (16, 13). Il «velo» che, come la nube, Copriva il volto di Mosè, raggiante di una gloria temporanea, è caduto per coloro che si sono rivolti al Signore Che è lo Spirito (2 Cor 3, 12-18). Tuttavia l‘immagine delle nubi escatologiche Conserva ancora il suo valore per significare che nell‘ultimo giorno i fedeli saranno strappati anch‘essi alla terra per andare incontro al Signore Che viene (1 Tess 4, 17; cfr. Apoc 11, 12).

Autore: X. Leon Dufour
Fonte: Dizionario teologico biblico