Scrutatio

Giovedi, 28 marzo 2024 - San Castore di Tarso ( Letture di oggi)

Cristo Cristocentrismo


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I. La cristologia nel luogo della mistica: problemi attuali. Con l'eclisse del sacro innescata dall'avvento della cultura scientifica e tecnico industriale, ci si attendeva già dagli anni Sessanta l'avvento di un uomo totalmente secolarizzato, senza motivazioni religiose, serenamente ateo. « Questo pensavamo un po' tutti e ci siamo preparati ad affrontare un simile uomo, in Europa ed in America. Trent'anni dopo quest'uomo non è venuto. Naturalmente c'è tanta gente che continua a vivere in una tranquilla indifferenza verso ogni forma religiosa. Ma l'uomo europeo ed americano non può definirsi ateo o semplicemente agnostico. Non è cattolico e nemmeno cristiano, ma si caratterizza per un nuovo interesse «religioso» ».1 Anzi, l'afflato religioso va mostrandosi sempre più emergente tanto che si parla di un'era « caratterizzata da una più alta spirituale comprensione della Bibbia (...) e da una perfetta Chiesa dello Spirito ».2 La ricerca di esperienza del divino appare come un fenomeno di grandi proporzioni che testimonia « una nuova scoperta di Dio nella sua trascendente realtà di Spirito infinito... il bisogno di adorarlo ’in spirito e verità' (Gv 4,24); la speranza di trovare in lui il segreto dell'amore e della forza di una ’nuova creazione' (Rm 8,22; Gal 6,15): sì, proprio colui che dà la vita. Ad una tale missione di annunciare lo Spirito, la Chiesa si sente chiamata, mentre insieme con la famiglia umana si avvicina al termine del secondo millennio d.C. ».3 L'avvento di questa era dalle sempre più spiccate aspirazioni spirituali e mistiche non costituisce solo un fenomeno di rivincita del senso religioso dell'umanità, inestinguibile, dopo l'eclisse del sacro innescata da una massicia secolarizzazione: esso molto più costituisce un « segno » dell'apertura di una grande via, per una nuova venuta del C., anche se questo grande revival religioso porta con sé dei caratteri problematici. Se in un recente passato la riflessione cristologica aveva preso lo spunto dall'interesse dell'uomo contemporaneo per i valori storici, per presentare quell'immagine umana di Gesù Cristo, nella quale solamente potesse essere riconosciuta la possibilità di parlare in modo sensato di Dio, all'uomo secolare, oggi possiamo dire che un « nuovo punto di approccio » si pone per il mistero di « Gesù Cristo » e per il valore « cristocentrico » della fede. E la forte domanda mistico esperienziale che apre una « nuova fase della storia dell'uomo sulla terra: l'anno duemila della nascita di C. ».4 Superata la crisi dell'ateismo che aveva costituito una delle principali sfide della fede del nostro tempo, la « questione cristologica » si pone, pertanto, oggi, in quel nuovo contesto che è il luogo della mistica come dimensione essenziale della vita spirituale dell'uomo e che potrebbe essere definita genericamente come « una esperienza di Dio presente e infinito, provocata nell'anima da una speciale mozione dello Spirito Santo ».5

II. La struttura di un discorso teologico cristocentrico in chiave mistica. L'aspetto più importante del fenomeno dell'odierno revival mistico religioso sta nell'autentica ricerca di incontro con il divino, come appello all'esperienza del « Dio vivente », appello che viene sempre più sentito come quella ricerca di Dio che non è derivante dall'iniziativa dell'uomo, quanto come il correlato, sul piano della coscienza, della sua venuta della grazia nello Spirito: « Il problema di Dio è già un modo in cui Dio stesso, che è presente nell'uomo che interroga, si rivela nella modalità della coscienza. Così, la domanda senza fine che l'uomo pone su Dio, si trova da sempre, da parte di Dio, in quella risposta infinita che è egli stesso ».6 Ora, proprio per questo suo carattere, una « riflessione cristologica spirituale » richiama un discorso teologico che si elabora fondamentalmente in « forma dossologica ». Non si tratta di venire meno al compito critico di una ragione che opera per la sua propria efficacia a servizio della fede: si tratta piuttosto di coltivare quella virtù della intelligenza che, ispirata dalla forza dello Spirito, sia in grado di « scendere nel cuore » della persona del teologo diventando una « intelligenza della fede nella carità ». La struttura del discorso teologico è allora non solo una messa insieme, in maniera organica, di un complesso di « notizie intorno a Dio » o a « Gesù Cristo », raggiunte attraverso una ragione puramente analitica e deduttiva, quanto quella conoscenza nell'amore, che è partecipazione vitale al mistero trinitario di Dio, raggiunta nella comunione « in C. » e « con C. », attuata nella forza dello Spirito. E la forma di conoscenza che Gregorio di Nissa (PG 120,525) chiama metousia (intima unione con Dio) e che prolunga epistemologicamente, nei credenti, il mistero della Sapienza incarnata, attraverso le energie vivificanti dello Spirito Santo. E, quindi, un sapere trinitario, perchè è opera di quello Spirito che apre la porta del Figlio e dona l'intelligenza del Padre; ma è nello stesso tempo un sapere di natura essenzialmente « cristocentrica » perchè l'essere « nel C. » ed il comunicare « con lui » è essenziale per l'accesso sapienziale al Padre. Una conoscenza di Gesù Cristo, in contesto mistico, deve pertanto evidenziare lo stile proprio di un discorso condotto secondo il principio di una intelligenza del cuore ispirata dallo Spirito Santo, quale struttura di un pensare cristiano che appartiene ad un uomo impegnato nel cammino della santità. In quanto « pensiero interno allo stesso movimento della fede » questo modello di pensiero teologico può riflessivamente esplicitarsi nel movimento di una intelligenza riconoscente che si evolve lasciandosi guidare da Dio attraverso la sua Parola di verità:7 esso potrebbe definirsi anche come « contemplazione intellettuale interna al mistero salvifico », oppure come « via mistica dell'anima verso la luce della verità che redime e rende beati ». Il vincolo profondo di questa forma del discorso teologico di stile sapienziale con la vita vissuta nella fede si alimenta nel contatto con la Sapienza del Logos divino incarnato, per cui esso è penetrato da quella « gloria » (doxa) che è « la forza di Dio che rende il suo amore attivo e comunicabile in C.; è la manifestazione di questo stesso amore nel Figlio... partecipato a noi dallo Spirito ».8 Si può dire, allora, che un discorso su Gesù come C., evoluto nel quadro di una « teologia mistica » assume un particolare valore pneumatico.

III. a. I Contenuti del discorso su Gesù Cristo in prospettiva mistica. Poiché la teologia mistica si definisce in un contesto di incontro vissuto, nello Spirito, con Gesù Cristo, il quale appare come « forma vitale dell'esistenza e dell'esperienza cristiana »,9 i contenuti di una « cristologia » evoluta nel quadro della dinamica spirituale mistica devono rispondere non ad un complesso di verità dottrinali cristologiche puramente oggettive, quanto ad una loro presentazione in rapporto all'esistenza vissuta del credente. Il che vuol dire: il parlare di Gesù Cristo come fondamento e norma della prassi di vita cristiana comporta non solo un discorso su « Gesù Cristo » come « oggetto » o sul « C. in sé », quanto sul C. nella sua presenza nella vita del credente o sul « C. in noi », dando risonanza alla « Persona di C. » contemplata e penetrata « nei suoi misteri ». Questi coinvolgono l'esistenza credente anzitutto per la loro « virtù spirituale » o « pneumatica », che essi possiedono, e che è sola in grado di poter realizzare quella « unità vitale » tra C. ed il credente che si definisce come « comunione », in un quadro di rapporti interpersonali secondo il modello dell'alleanza (nuova). Il « mistero di C. », nel quadro di una teologia mistica, deve offrire, attraverso i contenuti misterici, quella forza evocativa, che ha la sua efficacia nella potenza dello Spirito Santo, per cui il cristiano, nella sua vita di fede, viene portato progressivamente a trasformarsi in quella medesima « immagine di Dio » che è C. (Col 1,15; 2 Cor 4,4), « di gloria in gloria, secondo l'azione dello Spirito del Signore » (2 Cor 3,18). Questo vuol dire parlare di Gesù Cristo rispettando con il valore « narrativo » dei misteri terreni della sua vita la « struttura kerigmatica » propria delle stesse narrazioni evangeliche per cui esse sono « annunci in forma di narrazione », annunci che, come tali, evidenziano un riferimento alla « prassi » della fede, attraverso l'invito alla sequela.

III. b. La cristologia mistica nel tema della Persona e dei misteri della vita di Gesù Cristo. Nell'ambito della tradizione di fede, a partire dalla riflessione dei Padri, e dalla stessa teologia monastica medievale, non c'è mai stata separazione tra teologia e pietà. Tutto era congiunto: predicazione, teologia, vita di culto, pietà, misticismo. Un aspetto caratteristico della riflessione cristologica spirituale, dominante per oltre un millennio di storia cristiana, era l'accento sull'umanità di Gesù veduto nei misteri della sua vita terrena, culminante nell'evento della croce e della risurrezione.10 La passione per l'umanità di Gesù era notevole e dava una particolare impronta all'ispirazione cristocentrica della spiritualità.11 Le radici storiche di questo fatto vanno ricercate anzitutto in quella profonda unità che fin dagli inizi congiungeva, insieme, conoscenza biblica, culto, predicazione, ascesi, cammino esperienziale mistico. Per quanto riguarda poi l'accento proprio della pietà medievale verso il C., considerato nei suoi mysteria carnis va notato, inoltre, l'influsso del monachesimo che ha sviluppato ed alimentato una spiritualità sempre più cristocentrica, la quale ha fatto dell'umanità di Gesù « lo strumento primario dell'ascesa spirituale » verso Dio. In questa visione la sua vita terrestre veniva considerata nel motivo di una infinita condiscendenza verso l'infermità umana, la quale per il contatto con l'umanità di Gesù trovava la manuductio verso la contemplazione della divinità. Di qui l'importanza della imitatio Christi, della contemplazione dei misteri della sua vita tra i quali particolarmente quelli dell'infanzia e della passione. Essi conducono, infatti, a trattare il Salvatore con semplice e terrestre familiarità. La pietà qui si fa tenera ed affettiva, in espressioni che incarnano e celebrano un sentimento di grande tenerezza: « Dominus Jesus »,12 « Dominus humanissimus, Christus piissimus »,13 « tesaurus vester, amor, desiderium, dulcedo, salus et vita ». Particolarmente il nome di Gesù è indicativo di questo orientamento devozionale: « Jesu, Jesu... nomen dulce, nomen delectabile, nomen confortans peccatorem et beatae spei ». Questa devozione indugia presso la greppia di Betlemme ove i vagiti e le lacrime sono segno di tenerezza più che di forza,14 sono motivo di fiducia per la nostra conversione,15 per spostarsi via via verso le altre vicende della vita terrena fino a giungere alla sofferenza della passione per rafforzare in sé l'affectus dilectionis. Non si deve pensare con ciò che questa spiritualità pecchi di sentimentalismo e di vana ricerca di emozioni sensibili: essa è ben nutrita di conoscenza biblica, come si può notare in Ruperto di Deutz ( 1129), testimone della tradizione benedettina, come esempio di unità tra dottrina e devozione. Essa, sotto l'influsso di Cluny, ove veniva particolarmente rilevato il mistero del Natale, conduceva la spiritualità tradizionale ad arricchirsi di una nota particolare di intimità mistica. Non meno importante è l'apporto della pietà cistercense con s. Bernardo e Guglielmo di s. Thierry con le sue accentuazioni mistiche rilevanti la componente trinitaria.16
Questo orientamento verso la santa umanità di Gesù trovava un posto particolarmente rappresentativo anche nella spiritualità e teologia francescana, che nella sequela del C., considerato nei suoi misteri contemplati con concretezza, divisione e larghezza di affetto, si presentava con atteggiamenti propri. La devozione francescana, al seguito del poverello di Assisi, trovò un'espressione caratteristica nella contemplazione affettiva di quei misteri che più parlano al cuore: la « nascita » (Greccio: 1223), la « passione » (le stimmate: 17 settembre 1224), la « morte di C. ». S. Bonaventura ebbe un ruolo notevole nella promozione della contemplazione di quei misteri, specie nell'ambito di una riflessione teologica nutrita di pietà affettiva. Nella riflessione teologica il cristocentrismo, come pure la difesa dell'integrità umana del Salvatore sono punti ben sottolineati nel pensiero francescano. Importante rappresentante di questa corrente è Duns Scoto ( 1308) che, in stretto rapporto con l'indirizzo della spiritualità del suo tempo, tende a sottolineare l'aspetto storico ed umano della figura del Salvatore. Questo lo portava a vedere nell'incarnazione come « l'assunzione di un uomo » (assumptus homo) da parte del Verbo. La sua attenzione per l'essere umano concreto e storico di Gesù (non menomato dall'unione ipostatica) fa emergere in piena luce il Gesù storico, come lo presenta il Vangelo, nato da Maria Vergine che soffre e muore in una autentica esperienza umana di vita. Così, questa teologia può costituire un solido fondamento ad una spiritualità che promuove l'ascesa dell'uomo verso il mistero di Dio.
Se la tradizione francescana nella sua pietà e teologia ha notevolmente sottolineato quella spiritualità che dà particolare risalto all'affettività verso l'umanità del Salvatore, la teologia e la spiritualità domenicana non è stata davvero estranea a queste caratteristiche della devotio medioevalis, anche se ebbe una sua propria maniera di incarnare l'ideale evangelico.17 Basti pensare alla devozione al C. in Alberto Magno e soprattutto in Caterina di Siena per la quale, come per Francesco, il centro della pietà è il Crocifisso.18 In essa, esperienza mistica e riflessione teologica s'intrecciavano fittamente nella sua vita e nei suoi scritti sì da formare un tutto indivisibile: per salire la grande via spirituale dell'amore si devono salire i tre « scaloni » che portano al « ponte » C. e che sono i piedi, il cuore, la bocca del Crocifisso.19 Finchè l'anima è pellegrina sulla terra, la sua via rimane C. Crocifisso con il suo « ansietato desiderio » della gloria di Dio e della salvezza delle anime. Al termine dei tre scaloni, essa viene irrorata dal sangue di C. che « inebbria l'anima e vestela del fuoco della divina carità ».20 A questa spiritualità dei misteri della vita terrestre di Gesù, Tommaso d'Aquino dava un particolare sostegno con la sua riflessione teologica, che al seguito di Giovanni Damasceno vedeva l'umanità di Gesù strumento del Verbo per cui essa, per l'unione ipostatica, esiste in una condizione di permanente sopraelevazione consistente in quella pienezza spirituale che le permette di conferire lo Spirito agli uomini, quindi di possedere un potere vivificante. Così si opera una synergia che porta all'idea della perenne attualità dei misteri stessi del Gesù terreno nella loro virtù strumentale per cui le azioni che furono compiute dall'umanità di Gesù « non furono compiute solo in virtù dell'umanità, ma in virtù della divinità a sé unita », pertanto « l'operazione umana partecipa della virtù della divina operazione ».21 Questo vuol dire che « tutte le cose che furono compiute nella carne del C., furono salutari per noi in virtù della divinità unita » 22 e tutti i misteri hanno una virtù salvifica in grado di attingere « ogni luogo ed ogni tempo »;23 particolarmente la sua passione « non ha avuto virtù temporale e transitoria, ma sempiterna... e così appare che la passione di C. non ha avuto allora maggiore efficacia di quella che ha adesso ».24
Una tale riflessione cristologica evoluta secondo la prospettiva dei misteri di C., può ben essere veduta il centro di una cristologia mistico spirituale che si propone con lo sviluppo della mente e del cuore del credente, sotto l'illuminazione dello Spirito, di promuovere un incontro di vita e di comunione con C., sì che « il curriculum del cristiano, come tale, dall'inizio della sua vita soprannaturale fino alla cessazione della sua vita mortale, ed oltre, nasce, è sorretto ed accompagnato da quello del C., a cui si modella ad ogni istante ».25 La imitatio Christi non è allora solo un fatto morale, ma una vera e propria comunione reale con gli atti salvifici storici del C., in una simultaneità di vita con il Salvatore. Essa stabilisce una relazione vitale tra Gesù Cristo ed i misteri della sua vita, aprendo l'accesso al mistero della sua singolarissima Persona, nella sua « identità filiale », che non può essere conosciuta che nella fede, passando attraverso i misteri della sua vita. Sono essi che nelle narrazioni ci trasmettono con il comportamento, con i gesti della vita di Gesù, il significato autentico delle sue parole, il senso della sua persona, l'efficacia della sua proposta di vita filiale. Se questa cristologia mistica, incentrata nei « misteri della vita di Gesù » ha avuto ampia risonanza sia nell'epoca patristica, sia in particolare nell'era medievale, nella quale è stata sostenuta dal « modello spirituale cristocentrico monastico » incentrato nell'attualità di tali misteri « presenti » ed « operanti » nella lettura evangelica, nella celebrazione liturgica per una loro riattualizzazione nella vita vissuta, è pur vero che una riflessione cristologico spirituale, non deve ignorare l'aspetto anche « ascetico morale » dell'imitazione della vita di C. che ha pure i suoi brillanti esempi anche nella Devotio moderna, sia nella spiritualità ignaziana sia, più tardivamente, nella pietà oratoriana, le quali si proponevano di sviluppare la « vita cristiana » nel « modello » della vita storica di C., considerata, nella sua narrazione evangelica, come suo esempio archetipo. Qui si evidenzia il « momento morale » della sequela cristiana come vita spirituale che si « conforma » alla vita di C., alla sua biografia evangelica che diviene « legge » o « regola » del comportamento del discepolo. Qualche difficoltà o limite viene mosso a questa « via imitativa », nella misura in cui essa assume troppo alla « lettera » un « evangelismo radicale », quasi un positivismo evangelico che non rispetti il valore di storicità della vita del cristiano. La normatività della Scrittura non va intesa come predominio di una « lettera », ma come una norma interpretata ed attuata nello Spirito. E « nello Spirito », principio vitale di ogni forma di spiritualità cristiana, che trova la sua realizzazione quella « sequela » che implica una costante « interpretazione » o rilettura della storicità dei misteri della vita di Gesù nel contesto delle nuove situazioni di vita del cristiano ed è « nello Spirito » che gli stessi misteri storici possiedono quella potenza universale per cui operano nella vita di ogni discepolo vivente nel tempo.

III. c. Se una « cristologia mistica » ha come suo particolare oggetto il tema dei misteri della vita di C., è soprattutto nell'evento pasquale della sua morte e risurrezione che deve vedere il momento culminante del processo di comunione mistica con la vita di C. e del cristiano impegnato in un cammino di sequela. Notevole è, infatti, la « spiritualità della croce », che ha avuto risonanza in tutta la tradizione cristiana, a partire dallo stesso NT, con il richiamo alla sequela della croce nella vita del discepolo (cf Mc 8,34; Mt 10,38; 16,24; Lc 9,23; 14,27; Gal 2,19; 5,24; Rm 6,1 11; Col 2,11ss.), per tramandarsi poi nell'era patristica, nel periodo medievale e per trovare una sua singolare espressione nei mistici renani (Taulero, Suso) e fiamminghi (Ruusbroec),26 nelle esperienze di Teresa d'Avila e Giovanni della Croce. In essi il mistero della passione e della croce costituisce un momento necessario nella via della santità cristiana: esso riassume, infatti, in sé ogni aspetto del mistero redentivo particolarmente mettendo in luce l'aspetto formale dell'amore che trova la sua più alta espressione nel cammino della notte, come via di purificazione e di avvicinamento al mistero divino. L'importanza della via mistica della croce, lungi dal diminuire è andata crescendo negli ultimi secoli, come testimonia Paolo della Croce che fece del tema della croce il motivo dominante dei suoi sermoni mostrando come il cammino della fede si concretizza nella totale disponibilità alla volontà di Dio, per cui il vertice dell'esperienza spirituale si riassume nell'essere « soli » sulla croce con C. Così, egli riprende la tematica ignaziana dell'indifferenza e quella salesiana dell'amore puro, vivendo l'esperienza spirituale come una sorta di « presenza nell'assenza ». La spiritualità della croce si sviluppa ulteriormente nella devozione al « Cuore trafitto » del C. che a partire dal sec. XVII (G. Eudes, Margherita M. Alacoque) perviene nella prima metà del sec. XX attraverso i documenti pontifici di Pio XI, Miserentissimus Redemptor (1928) e di Pio XII, Haurietis Aquas (1956) a modulare due importanti temi della passione: quello dell'amore misericordioso che richiama alla confidenza e quello dell'amore trafitto che invita alla conversione ed alla riparazione attraverso il « con soffrire » con il Salvatore.
Intorno alla metà del nostro secolo sembrava svilupparsi un certo raffreddamento verso la spiritualità della croce a vantaggio del mistero della risurrezione come mistero di salvezza e come propulsore della fede nel suo proiettarsi, nella speranza verso il futuro della storia. L'attenzione rivolta verso la liberazione degli oppressi dalle loro sofferenze, generava una certa disaffezione verso il valore della pietà e della mistica della croce, ritenuta incentivo alle forme di assuefazione passiva alle ingiustizie, e abbandono di ogni lotta per una loro rimozione. Ma oggi possiamo ritenere che la riscoperta del misticismo 27 va riproponendo in maniera nuova l'importanza dell'esperienza della « notte giovannea » come « esperienza tipicamente umana e cristiana. La nostra epoca ha vissuto momenti drammatici nei quali il silenzio o assenza di Dio, l'esperienza di calamità e sofferenze, le guerre o lo stesso olocausto di tanti esseri innocenti, hanno fatto comprendere meglio questa espressione dandole inoltre un carattere di esperienza collettiva, applicata alla stessa realtà della vita e non solo ad una fase del cammino spirituale... a questa esperienza Giovanni della Croce ha dato il nome simbolico ed evocatore di notte oscura, con un riferimento esplicito alla luce ed oscurità del mistero della fede ».28
La mistica odierna va superando, veramente, ogni dicotomia tra il mistero della croce e della risurrezione di C. che costituiscono un'unica ora di salvezza e come la sintesi di tutta la sua vita terrena. Soprattutto la considerazione che se la croce rivela tutta la sua luce di sapienza e di rivelazione del mistero trinitario di Dio a partire dall'esperienza della risurrezione, è pur vero che la luce della gloria di pasqua è sempre rivelazione dell'amore eterno della croce. Una spiritualità della croce non sarà possibile, pertanto, che vivendone il mistero nella fede nel Risorto il quale proprio per la potenza del suo Spirito è in grado di operare la trasformazione dei credenti nella piena conformazione al C. Pertanto, « qualunque forma la spiritualità della croce possa assumere », ogni cristiano deve continuare a guardare a C. Crocifisso, per arrivare a condividere la fedeltà e la carità del Figlio Incarnato di Dio, il quale ’ci ha amato ed ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore' (Ef 5,2) ».29

Note: 1 G. Danneels, Le Christ ou le Verseau, Lettre pastorale de Noël, in DocCat 23 (1991) 2021, 117 129; 2 G. Schiwy, Lo spirito dell'età nuova. New Age e cristianesimo, Brescia 1991, 123 124; 3 Giovanni Paolo II, Dominum et vivificantem. Lettera Enciclica sullo Spirito Santo nella vita della Chiesa e del mondo, 2; 4 Ibid., 51; 5 E. Ancilli, Premessa, in La Mistica I, 12; 6 H. Vörgrimler, Dottrina teologica su Dio, Brescia 1989, 40; 7 M. Sekler, Teologia, Scienza, Chiesa. Saggi di teologia fondamentale, Brescia 1988, 34; 8 N. Nissiotis, La théologie en tant que science et en tant que doxologie, in Irénikon, 33 (1966), 303; 9 S. De Fiores, Gesù Cristo, in NDS, 696; 10 A. Grillmeier, I misteri di Cristo nella pietà del Medioevo latino e dell'epoca moderna, in I. Feiner e M. Löhrer (cura di) Mysterium salutis, VI, Brescia 1971, 27ss.; 11 Ilarino da Milano, La spiritualità cristologica dei Padri apostolici agli inizi del monachesimo, in Aa.Vv., Problemi di storia della Chiesa, Milano 1970, 359 507; 12 Isacco della Stella, Sermo 2: PL 194, 1694; 13 Heliandus, Ep. ad Galterum: PL 212, 757A; 14 S. Bernardo, Sermo 1 in Nativitate, 3: PL 183, 116; 15 Id., Sermo 2 in quadragesima: PL 183, 172; 16 J. Leclercq - F. Vandenbroucke - L. Bouyer, La spiritualité du Moyen Age, in L. Bouyer (cura di) Histoire de la spiritualité chrétienne, II, Paris 1961, 213 215; 17 Ibid., 382 413; 18 F. Valli, Il sangue di Cristo nell'opera di Santa Caterina da Siena, in Studi cateriniani, IX, Siena 1982; 19 Caterina da Siena, Il Libro, (Dialogo della Divina Provvidenza), Alba (CN) 1975, 87s.; 20 Ibid., 181; 21 STh III, q. 19, a. 1, ad 1; 22 Comp. Theol., 239; 23 STh III, q. 56, a. 1, ad 3; 24 Ibid. III, q. 52, a. 8c.; 25 M. Sciarretta, La Croce e la Chiesa nella teologia di San Paolo, Roma 1953, 168; 26 L. Cognet, Introduzione ai mistici renano fiamminghi, Cinisello Balsamo (MI) 1991; 27 B. Secondin, La mistica del XX secolo: teorie ed esperienze. La presenza di San Giovanni della Croce, in Ricerche Teologiche, 1 (1992), 59 86; 28 Giovanni Paolo II, Maestro en la fe, 141290, n. 14; 29 B.M. Ahern, Croce, in NDS, 375.

Bibl. C. Andronikof, Dogma e mistica nella tradizione ortodossa, in J. M. van Cangh (cura di), La mistica, Bologna 1992, 143 164; Ch. A. Bernard, La spiritualità come fonte dottrinale, in Id. (cura di), La spiritualità come teologia, Cinisello Balsamo (MI) 1993, 336ss.; A. Cacciotti, Alcuni tratti della mistica dei francescani (S. Francesco d'Assisi, Jacopone da Todi, Angela da Foligno), in Y. Spiteris - B. Gianesin (cura di), Vedere Dio. Incontro tra Oriente ed Occidente, Bologna 1992, 147 182; J. Castellano Cervera, Giovanni della Croce: i simboli e la dottrina della contemplazione, in Y. Spiteris - B. Gianesin (cura di), Vedere Dio..., o.c., 199 224; L. Cognet, De la dévotion moderne à la spiritualité française, Paris 1958; Id., Introduzione ai mistici renano fiamminghi, Cinisello Balsamo (MI) 1991; T. Goffi, Gesù di Nazaret nella sua esperienza spirituale, Brescia 1993; J. Lanczkowski, Christusmystik, in WMy, 89 90; N. Nissiotis, Parola di Dio ed esperienza mistica, in J M. van Cangh, La mistica..., o.c., 22 28; G. Preckler, Bérulle aujourd'hui 1575 1975. Pour une spiritualité de l'humanité du Christ, Paris 1978; G. Re, Il cristocentrismo nella vita della Chiesa, Brescia 1968; F. Ruiz, s.v., in DES II, 1086 1104; M. Serenthà, Gesù Cristo ieri, oggi e sempre. Saggio di cristologia, Leumann (TO) 1986; Id., Misteri di Cristo, in DTI II, 556 571; T. Spidlík, La preghiera del cuore. Un confronto fra Oriente ed Occidente, in Y. Spiteris - B. Gianesin (cura di), Vedere Dio..., o.c..., 63 82; G. Toffanello, La sete di Dio nel mondo occidentale. Semi di contemplazione nel XX secolo, in Y. Spiteris - B. Gianesim (cura di), Vedere Dio..., o.c., 235 254. C.V. Truhlar, Cristo nostra esperienza, Brescia 1968; J. H. Walgrave, Teologia della grazia ed esperienza mistica nella tradizione della Chiesa cattolica, in J M. van Cangh, La mistica o.c., 199 226.

Autore: M. Bordoni
Fonte: Dizionario di Mistica (L. Borriello - E. Caruana M.R. Del Genio - N. Suffi)