Scrutatio

Martedi, 16 aprile 2024 - Santa Bernadette Soubirous ( Letture di oggi)

Corpo


font righe continue visite 784
I. Status quaestionis. L'interesse per il c., nel nostro mondo, è un fatto assodato. Grosso modo si può dire che questa rinnovata attenzione prenda le mosse dal profondo mutamento che ha investito la condizione umana: poiché il c. è il luogo dei rapporti dell'individuo con sé e con il suo mondo, diventa pure l'ambito in cui si evidenziano sia la crisi dell'esistenza e dei suoi significati sia l'emergere di una diversa coscienza di sé a partire dalla quale vivere, incontrarsi, completarsi. Il c. si propone così tanto come la cifra di una fatica nella comprensione della vita quanto come l'epifania di nuove possibilità di libertà.
La comprensione del c. è, quindi, un'importante esperienza culturale, profondamente correlata al sistema dei rapporti sociali: là dove l'ideologia efficientista e consumista del nostro modello sociale ha perso il suo indiscusso consenso e ha fatto emergere critiche e ricerche alternative, anche il significato del c. si è fatto oscuro e oscillante, L'attenzione riservata, in certe epoche, ai temi della corporeità umana è, a mio parere, più l'indice di una crisi che di una valorizzazione, più l'espressione di un bisogno che l'apparire di nuove certezze. Le ambivalenze odierne circa la corporeità rispecchiano questa incertezza che rimanda le proprie scelte agli interrogativi, spesso irrisolti, sul senso della vita o sul valore dell'altro e della convivenza sociale. Da questa ambivalenza non si esce che cercando di decifrare il dato culturale e, per i credenti, interrogandosi sul ruolo che vi ha giocato e vi gioca la fede cristiana.
La nostra cultura ha ormai abbandonato ogni forma di dualismo: in particolare si è lasciata alle spalle tanto il positivismo che pensava l'intero essere umano come un organismo biologico, come una macchina, dove la realtà della coscienza era del tutto secondaria, quanto l'idealismo che riconduceva la verità dell'uomo alla sola coscienza declassando il c. a puro oggetto di conoscenza. L'attuale antropologia considera la persona come un tutto e coglie l'originalità dell'uomo nell'apertura al mondo della sua libertà intelligente, la weltoffenheit, apertura mediata appunto dal c. Il c. umano è un modo particolare di essere al mondo, del tutto diverso da quello delle cose ignare di sé e di quanto le circonda. Il c. umano è un c. vissuto, abitato da una intenzionalità, reso luogo originario della manifestazione e della comunicazione della interiorità umana a ciò che è fuori, a ciò che è altro. Il mio c. sono io, nel mio agire e vivere. Proprio qui, però, emergono i problemi. E certo esatto, ma anche soltanto formale, indicare il particolarissimo rapporto del mio c. con la mia libertà; astenersi però dal precisarne i contenuti è operazione rinunciataria che lascia spazio alle peggiori confusioni. In particolare, bisogna pensare fino in fondo il nodo, carico di contraddizioni, che oppone l'aspirazione umana verso l'Assoluto e l'infinito alla franca ammissione della finitudine e della fugacità della materia e del c. Schopenhauer vi scorgerà il dramma dialettico di un'armonia e di una lacerazione da comporre nella sintesi superiore della volontà; Nietzsche vi coglierà l'espressione di un'affermazione della vita al cui significato bisogna mantenersi fedeli; Blondel vi troverà la base per fondare un discorso sulla speranza. In realtà, la franca ammissione del limite della corporeità non è in contrasto con il pieno recupero del suo valore e della sua importanza, anche se ne impedirà ogni assolutizzazione. Occorre saper introdurre una Trascendenza ed un'apertura dello spirito umano all'Assoluto che non solo non contrastino la valorizzazione del mondo e del c. ma, pur nella coscienza dei loro limiti, la comportino e la esigano. Dovrebbe essere questo il compito della fede.

II. Nell'esperienza della fede cristiana. Al di là delle questioni storiche che colgono il complesso rapporto di dialogo e di conflitto della fede cristiana con la cultura ellenista e la civiltà borghese, bisogna riconoscere la singolare prospettiva del pensiero biblico: la salvezza è una salvezza incarnata, è una salvezza dentro e con il c. Caro cardo salutis, scriverà Tertulliano ( 220 ca.). Legato alla storia della salvezza, il c. trova la sua vera dimensione quando è spiegato alla luce della creaturalità che porta insita in se stesso: diventa il segno di un'esistenza donata, dove la grammatica della vita corporea non rimanda solo alla scienza o alla ragione ma, innanzitutto, a Dio e al suo dialogo con noi.
Molto di più, il c. va spiegato in rapporto al Verbo fatto carne: evento e sorgente della salvezza umana, il c. di Cristo proclama la grandezza della comunione a cui Dio ha chiamato ogni uomo e la anticipa come segno e promessa di grazia per tutti. Vivere la corporeità è, per il credente, vivere un progetto di vita dove l'asse della finitezza umana si apre oltre se stesso, si apre a un orizzonte che oltrepassa e supera le possibilità umane. Il c. è per il Signore e il Signore è per il c. (cf 1 Cor 6), dirà sinteticamente Paolo. Certo, anche il credente conosce l'opacità e la chiusura, la ribellione e la lacerazione del c. di morte di cui parla Rm 7,15 25 ma, ugualmente, rimane fermo che Cristo ha chiamato e chiama l'uomo ad una trasformazione e ad una glorificazione del suo c. La redenzione non inchioda il c. al suo peccato ma, smascherando l'inganno di una creatura chiusa a Dio, riporta ciò che è corporeo al suo vero e definitivo senso. Solo qui l'ambivalenza del c. cessa definitivamente. Quest'apertura della corporeità a Cristo non appella ad una logica di eternità che ignori o annulli la dinamica storica: intende, piuttosto, proporre a tutti il dato basilare della fede, cioè che la pienezza della vita dev'essere accolta e riconosciuta, non invece autonomamente costruita. Per questo motivo, la fede non può che opporsi ad una prevaricazione del c. che rinchiuda la vita nel solo orizzonte biologico o, comunque, terreno: orientare il c. al disegno di Dio è l'impegno di una fede che lo mette in rapporto con quella parola e quei gesti che lo trascendono, che lo incamminano verso orizzonti nuovi. E questo lo spazio dei sacramenti che assumono la vita, il matrimonio, la malattia e la morte nel quadro nuovo della comunione con Dio; è questo lo spazio dell'ascesi e della verginità per il regno, soprattutto è questo lo spazio della grande speranza che la risurrezione della carne fa balenare davanti a tutti i credenti.

III. La trasfigurazione del c. Questo rinnovamento e questa trasfigurazione del c. non devono venir presentati come una rinuncia o una rottura, come un'opposizione o una discontinuità ma, nemmeno, devono venir fatti passare come il termine naturale o il frutto maturo del cammino umano. La chiave interpretativa di questa trasfigurazione del c. va indicata nell'agape di Dio: non basta parlare di una unità psico fisica dove la sensibilità e gli atteggiamenti corporei sono, come è ovvio, investiti e modificati dall'esperienza intima ed interiore della persona, ma occorre riconoscere la forza di un Amore donato che configura profondamente e radicalmente a Cristo. Configura, cioè, a un movimento di vita che si propone espressamente la kenosis, lo svuotamento di sé per amore del prossimo e per il servizio al regno fino a mettere fiduciosamente nelle mani di Dio il proprio destino ultimo (cf Lc 23,46). Queste dinamiche cristologiche, espressive dell'agape divina non possono mai venir saltate: sono la base di ogni vera esperienza cristiana del proprio c. Abbandonandosi ad esse, si entra nella comunione con Cristo e da lui siamo introdotti in quella esperienza dell'Abbà che è sì frutto della fede, ma fa vivere l'affidarsi, cioè il gustare e vedere quanto è buono il Signore.
In ogni caso, questa eventuale esperienza corporea è puro dono: la sua novità altro non sarebbe che l'anticipo di ciò a cui il Signore condurrà la nostra comunione con lui. Come questa comunione non cancella il morire umano ma lo riempie dell'opera del Signore Gesù dandogli un significato completamente nuovo, così avverrà per il c.: i suoi limiti saranno esibiti come i segni della passione nel Risorto, come i segni di una finitudine trascesa e ricolmata di novità da Dio. Di questa novità, avvertiamo la presenza nella singolare comunicazione del Risorto con i suoi discepoli od in ciò che le vite dei grandi mistici narrano circa le loro esperienze corporee. E però qualcosa che solo la risurrezione finale inaugurerà per sempre e davvero in noi. Intanto, qui ed ora, si può recuperare il c., tempio dello Spirito, nell'unità psico fisica della persona, tesa a rapportarsi a Dio in tutta la sua interezza. I mistici di tutti i tempi testimoniano la trasfigurazione del c., dono ma anche frutto di ascesi, a volte, severa, sempre, fiduciosa.

Bibl. Aa.Vv., Le corps et la vie spirituelle, in Carmel, 77 (1955) 3, tutto il numero; Aa.Vv. Il corpo in scena, Milano 1983; Aa.Vv., Corpo e cosmo nell'esperienza morale, Brescia 1987; S. Acquaviva, In principio era il corpo, Roma 1977; P. Brown, Il corpo e la società. Uomini, donne e astinenza sessuale nei primi secoli cristiani, Torino 1992; L. Casini, La riscoperta del corpo, Schopenhauer Feuerbach Nietzsche, Roma 1990; V. Fumagalli, Solitudo carnis. Vicende del corpo nel Medioevo, Bologna 1990; U. Galimberti, Il corpo, Milano 1983; P. Gianfranceschi, Il senso del corpo. Segni, linguaggio, simboli, Milano l986; Giovanni Paolo II, Teologia del corpo, Roma 1982; D. Gorce, s.v., in DSAM II, 2338 2378; V. Melchiorre (cura di), Il corpo, Brescia 1984; Id., Corpo e persona, Genova 1987; M. Merleau Ponty, Il corpo vissuto, Milano 1979; J.B. Metz, Caro cardo salutis, Brescia 1968; G. Moroni, Il corpo e la preghiera, Bologna 1976; A. Motte, La vie spirituelle dans la condition charnelle, Paris 1968; M. Raveri, Il corpo e il paradiso. Esperienze ascetiche in Asia orientale, Venezia 1992; C. Rocchetta, s.v., in DES I, 634 646; Id., Per una teologia della corporeità, Torino 1990; E. Schweizer, Sôma, in GLNT XIII, 690 757; S. Spinsanti, s.v., in NDS, 295 318; Id., Il corpo nella cultura contemporanea, Brescia 1983; S. Spinsanti - R. Di Menna, Per una spiritualità del corpo, Brezzo di Bedero (VC) 1983.

Autore: G. Colzani
Fonte: Dizionario di Mistica (L. Borriello - E. Caruana M.R. Del Genio - N. Suffi)