Scrutatio

Giovedi, 28 marzo 2024 - San Castore di Tarso ( Letture di oggi)

Consacrazione


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Premessa. La « consacrazione » è un tema perenne nella teologia della vita religiosa che, però, ha acquistato particolare importanza negli ultimi decenni, sia ad opera del Concilio Vaticano II (cf LG, PC), sia in particolare dopo (cf RC, ET, MR, RPU, DCVR, PI, CCC, e specialmente nell'OCV, OPR, CDC, EE, RDVC).

I. Il termine c. in genere esprime un aspetto religioso. Consacrare (dal latino consecrare) vuol dire rendere sacro mediante un solenne rito religioso e destinare al culto della divinità. C. (dal latino consecratio) è l'atto del consacrare con cui una persona o una cosa passano dallo stato profano a quello sacro. Anche nel linguaggio ecclesiastico il termine c. viene adoperato per indicare una persona o una cosa dedicate direttamente ad una funzione sacra.

II. Nella Scrittura. Nell'AT, Israele è il popolo consacrato a Dio, di conseguenza la c. manifesta l'alleanza che Dio ha stipulato con esso. L'iniziativa di tale alleanza parte da Dio, ma suppone anche una risposta da parte del popolo. Si tratta, dunque, di una reciprocità che implica una disponibilità dinamica ed una tensione verso un rapporto sempre più stretto fra Dio ed Israele (cf Dt 4,37; 7,6 8; 10,15; Is 42,1 7; 43,8 10; 45,4; si veda anche Es 19,5 6). All'interno del popolo ci saranno, inoltre, dei personaggi particolarmente votati al servizio divino: Abramo (Gn 12), Mosè (Es 3), Davide (1 Sam 16), i profeti (Is 6; 42,1 7; Ger 1,5), i nazirei (Gdc 13ss.; Nm 6), i sacerdoti, i recabiti, gli anawim, gli Esseni... Come Israele, questi personaggi non vengono semplicemente « separati » dagli altri popoli o dagli altri israeliti, bensì presi da Dio per sé, per poi essere mandati agli altri, in favore degli altri. Nel NT, è innanzitutto Cristo, « colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo » (Gv 10,36; cf Gv 17,18 19; Lc 4,18 19). In lui si riassumono tutte le consacrazioni; in lui ogni battezzato è santificato, consacrato con un « carattere indelebile » (CCC 1121, 1272, 1304; VC 22), ed inviato: « Questo dono battesimale è la c. cristiana fondamentale in cui affonda le radici ogni altra c. » (EE 6).

Dopo Cristo, la Chiesa tutt'intera diventa il nuovo popolo di battezzati cresimati, consacrati da Dio a Dio e mandati in mezzo al mondo (cf 1 Pt 2,9 10.19; 1 Cor 6,19 20; 1 Gv 9a, 11a). Ogni singolo cristiano, secondo le modalità vocazionali del dono che riceve dallo Spirito (cf LG 10a), vivrà il fatto di essere « consacrato » in Cristo, dallo Spirito, a gloria del Padre, nell'unità della Trinità (cf LG 4b). All'interno, però, di questa indole sacra di tutto il popolo, ci potranno essere dei discepoli chiamati ad incarnare in modo specifico un particolare aspetto della sacralità ecclesiale.
Ogni cristiano, infatti, in virtù del battesimo e della confermazione è già consacrato dallo Spirito, nonché consacratore del mondo a Dio (CCC 784, 901). Ma Dio chiama i singoli cristiani a vivere e a testimoniare la c. battesimale cresimale in modi diversi; si pensi alla c. sacerdotale (cf CCC 1535, 1556 1559), a quella (« come consacrati ») degli sposati (cf GS 48, CCC 1535), alle molteplici forme di « vita consacrata » (« uno dei modi » della c. battesimale, un modo « più intimo »: CCC 916, 931). La c. religiosa, in effetti, sarà intimamente radicata nella c. battesimale e la esprimerà con particolare pienezza (cf LG 44; PC 5; EE 5 7).

La c. battesimale cresimale non toglie, dunque, che ci possano essere delle vocazioni, dei carismi, che ne sviluppino aspetti non ugualmente presenti in tutte le forme di vita cristiana, perciò, da una parte, non ci sarà ulteriore c. che non parta e non poggi su quella fondamentale e, in questo senso, non esistono ulteriori consacrazioni veramente « nuove ». Ma, dall'altra, la c. battesimale cresimale non suppone gli stessi sviluppi in tutti i cristiani; e, in questo senso, si può parlare di possibili « novità ». Infine, sebbene nella vita del singolo credente, quella ulteriore c. avvenga a partire da un certo momento storico, quindi soltanto a partire da quel momento, e non prima, è « consacrato » in quel tale modo, nel disegno di Dio quel secondo momento consacratorio era previsto fin dall'eternità, per cui il suo battesimo - la sua c. battesimale cresimale - era per così dire protesa verso quella pienezza giunta storicamente solo più tardi. Insomma, la c. battesimale cresimale è la strada unica che apre verso specificazioni vocazionali posteriori. In altre parole, la c. battesimale cresimale non è una realtà neutra, isolata, riguardo alle varie vocazioni, e neanche una specie di infra struttura o supposto minimo della vita cristiana; bensì coinvolge tutta la vita del credente e la sua trasformazione in Cristo lungo tutta la sua vita. Il battesimo cresima, infatti, non è il sacramento degli inizi, o che fa semplicemente « laici »; ma, fa « cristiani », e accompagna sempre l'uomo.
Occorre aggiungere che nel piano salvifico di Dio ogni cristiano è « unico e irripetibile » (CL 28), per cui la sua c. battesimale cresimale non è indifferente, astratta, anche se non contiene tuttora in modo esplicito tutte le potenzialità carismatiche che si andranno manifestando lungo la vita. Ad opera dello Spirito, quella c. è già in tensione - l'inizio di un cammino, - indirizzata verso una singolarità e pienezza vocazionale che si manifesterà e sarà portata a termine pian piano.
Ecco la ragione, ad esempio, della « novità » della c. religiosa nei confronti di altre vocazioni (cf EE 14), il suo trovare nella c. battesimale cresimale il punto di riferimento (cf EE 6; RD 7; CCC 916), ed il suo esserne uno sviluppo particolare (cf PC 5; ET 4; CDC 573; VC 30).
In conclusione, la c. battesimale cresimale è una e molteplice allo stesso tempo, perché uno è Dio ed il suo piano di salvezza; anche se a ciascun cristiano dà una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune (cf Rm 12,6 8; 1 Cor 12,4 7; Ef 4,4 7). Ogni dono arricchisce gli altri e viene arricchito dagli altri. Da questa unità e molteplicità risulteranno la circolarità e sinfonicità comunionale e carismatica della Chiesa (cf LG 13c). III. La vita religiosa come c. « Alla base della vita religiosa c'è la c. », la quale « è un'azione divina »; questo dono è « un'alleanza di mutuo amore e fedeltà, di comunione e missione stabilita per la gloria di Dio, la gioia della persona consacrata e la salvezza del mondo » (EE 5). I voti religiosi non saranno altro che « la triplice espressione di un unico ’sì' al rapporto particolare di totale c. », l'espressione della donazione della vita intera a Dio da parte del religioso « con un nuovo e speciale titolo » (EE 14; cf 15). Tale c. suppone « una partecipazione specifica e concreta alla missione di Cristo » (EE 12). Entro la specificità carismatica, spirituale, apostolica, storica e di vita di ogni forma di vita religiosa, la c. è all'origine della missione, ed essa, a sua volta, esprime e porta a compimento la c. (cf VC 72).
Mediante la c., infatti, Dio « mette in disparte e dedica a se stesso la persona, ma la impegna nella sua propria opera divina. La c. inevitabilmente comporta la missione. Sono due aspetti, questi, di un'unica realtà. La scelta di una persona, da parte di Dio, è per il bene degli altri: la persona consacrata è un ’inviato' per l'opera di Dio, nella potenza di Dio » (EE 23; cf CCC 931; VC 76). I religiosi, come Cristo, vivono pienamente rivolti al Padre nell'amore e, proprio per questo, interamente dediti al servizio in favore dei fratelli: « Questo vale per la vita religiosa in tutte le sue forme » (EE 24). Grazie a questa c., il religioso diventa espressione e attuazione privilegiata dell'amore sponsale tra Cristo e la Chiesa, ed è immerso nell'amore redentivo di Cristo per la Chiesa e per il mondo (cf RD 8,15; CCC 926, 932; VC 18,23 25). La c. - missione dei religiosi non è, dunque, un « privilegio » di cui gloriarsi, ma una « responsabilità » da portare a compimento con umiltà e coraggio. Non si tratta di avere una « maggiore intimità » da soli con un Dio a storico; ma di un'intima unione con il Padre il quale si dà totalmente al mondo in Cristo. Non un Dio che separa per trattenere per sé; ma un Padre che mediante l'azione dello Spirito prende il religioso per lanciarlo, con Cristo e come Cristo, nel mondo per salvarlo, spinto dal suo amore eterno (cf LG 44c; VC 17 19,22,26 27,29,77 78,84 92...). In Cristo e come Cristo, i religiosi sono chiamati, per essere consacrati e inviati.
Nell'atto di professione religiosa, la Chiesa agisce come « protosacramento », cioè come « sacramento universale di salvezza » (LG 1,45c), anche se quest'atto non è uno dei sette sacramenti, pur affondando le radici nel battesimo cresima sviluppandone le linee di forza. E un atto di c. da parte di Dio e di donazione da parte del credente, nella Chiesa e attraverso la funzione sacramentale della Chiesa, la quale accoglie e benedice (cf LG 44a) l'impegno che il religioso poi vivrà mediante i tre consigli evangelici (cf EE 14, 15; PI 12; VC 1,18,20 21...), per tendere così alla perfezione della carità, seguendo più da vicino alcuni tratti della vita di Cristo, mettendosi al servizio specifico del regno, significando e annunciando nella Chiesa e al mondo, con particolare insistenza, la gloria del mondo futuro (cf LG 44c,46b; CCC 916,931,945; VC 26 27), secondo le caratteristiche di ciascun Istituto (cf MR 11; EE 11; PI 16 17).

IV. Mistica e c. Questa è la novità e la specificità della c. religiosa in mezzo alla pluralità delle vocazioni cristiane. Essa accentua o insiste sulla centralità e l'assoluto di Dio nella vita di ogni credente e del suo regno al di sopra di tutto, compresi i valori umani così profondi come la famiglia, l'avere e il potere, non demonizzandoli, ma relativizzandoli (cf VC 84 85,87...). Infatti, se è vero che, a partire dalla c. battesimale scatta nella vita del credente una totale dedizione al Dio di Gesù Cristo, il particolare radicalismo evangelico dei religiosi li colloca in tensione totale verso la perfezione. E se tutti i cristiani, consacrati nel battesimo e per questo chiamati alla santità sono invitati a tendere alla comunione di vita con le tre Persone divine (cf VC 16,18a,31,32a), con la sua c., il religioso vive e annuncia il teocentrismo cristiano: Dio che prende tutta la persona per sé (la consacra), ma per mandarla dove il suo amore agisce ininterrottamente (ai fratelli, al mondo). Per questo motivo, si può ben dire che la c. religiosa mette carismaticamente in risalto non tutte le vocazioni cristiane (sarebbe un assurdo), ma certamente l'elemento fondamentale di ogni vita cristiana.

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Autore: J. Rovira
Fonte: Dizionario di Mistica (L. Borriello - E. Caruana M.R. Del Genio - N. Suffi)