Scrutatio

Giovedi, 28 marzo 2024 - San Castore di Tarso ( Letture di oggi)

Adozione


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È l'istituto giuridico che ha per scopo il passaggio di un individuo da un gruppo gentilizio ad un altro con pieno diritto sul nome e sulla eredità. È noto in tutto l'Oriente (tavolette di Nuzu): i Babilonesi lo disciplinarono giuridicamente (Cod. di Hammurapi), i Greci coniarono il termine *** usato da s. Paolo ma solo il diritto romano gli diede la fondamentale sistemazione (Cod. di Giustiniano, VIII, XLVIII ; Inst. I, XI; Dig. I, VII).

L'a. è conosciuta con certezza nell'età patriarcale (Gen 15, l sS.; 21, 10 con 16, 2; 30, 3-6; 30, 9-13; 48, 5. 12. 16), per i contatti del diritto patriarcale con il diritto di Nuzu. La legge mosaica l'ignora; anche se conosciuta dagli Ebrei, doveva sembrare il sovvertimento della successione ereditaria, dettagliata mente fissata da Mosè (Nm. 27, 8- 11). Né era necessaria per supplire all'infecondità di un matrimonio giacché era legale ed in uso la poligamia (Lev. 18, 18; Deut. 21, 15). Presso i popoli poligamici (Arabi) l'a. è sconosciuta. L'a. non può essere assimilata al levirato (v.), perché imita la paternità e suppone nell'adottante un atto libero della sua volontà.

Gli Ebrei ammettono un'a. da parte di Dio: è uno dei privilegi d'Israele (Rom. 9, 4). Dio, per sua bontà, considera la collettività israelitica come «figlio primogenito» (Ex. 4, 22; Os 11, l) perché speciale « proprietà fra i popoli l), « regno di sacerdoti» (Ex. 19, 5; 1Pt. 2, 5- 9). Anche i singoli israeliti sono considerati termine di questa a. a «figlio» (Is. l, 2; 43, 6; Deut. 32, 19; Os 1, 10): in modo particolare il re di Gerusalemme (2Sam 7, 14; I Par. 28, 6). Oltre al carattere prevalentemente collettivo, si tratta di una denominazione puramente estrinseca, metaforica, implicante il diritto alla predilezione divina sugli altri popoli. Nel Nuovo Testamento, il termine *** si trova solo in s. Paolo che l'ha improntato al vocabolario giuridico greco-romano del tempo ellenistico Rom. 8, 15; Gal. 4, 5; Eph. l, 5; esprime sempre l'a. divina espressa in Io. l, 12 « a quanti credono in lui, il Verbo dà la reale possibilità di divenire figli di Dio».

È una a. individuale distinta dalla filiazione divina naturale, che appartiene unicamente a Cristo, ed anche distinta dall'a. giuridica umana che è una semplice denominazione estrinseca, non trasformante la natura dell'adottato: tiene il posto di mezzo fra le due, avvicinandosi di più alla filiazione divina anziché all'a. giuridica umana. L'analisi dell'a. neo testamentaria è possibile partendo dall'analisi della filiazione naturale umana: a) un figlio è generato dal padre; b) ne partecipa di conseguenza la natura; c) entra a far parte della famiglia del padre; d) e ne diventa l'erede naturale alla sua morte.

a) I giusti sono generati da Dio: Io. 1, 13; Iac. l, 18; Io. 3, 5; I Io. 3,9; 5, 18; Tit. 3, 5; I Pt. l, 3-23. Generati da Dio, per mezzo del Battesimo «lavacro di rigenerazione», ne sono Figli; filiazione reale, sia perché i testi insistono con energia su di essa, sia perché indicano la causa nella nuova nascita e nella nuova vita ricevuta da Dio (I Io. 3, l; cf. Rom. 8, 14-17; Gal. 3, 26; 4, 4 ss.; Rom. 5, 2).

b) I nati da Dio partecipano alla natura di Dio: «partecipi della divina natura» (2Pt. 1, 4): partecipazione che non è identità sostanziale con la natura di Dio né conversione della natura umana in quella divina ma una partecipazione analogica ed accidentale, come effetto della grazia santificante, imperfetta nella fase terrena e più perfetta nella fase celeste.

c) Partecipando alla natura di Dio si entra a far parte della famiglia di Dio (Eph. 2, 19).

d) Essendo Figli di Dio si ha diritto alla eredità di Dio (***). «Se figli, siamo pure eredi; eredi di Dio, coeredi di Cristo» (Rom. 8, 17); cf. Gal. 3, 29; 4, 7; Tit. 3, 7; I Pt. 3, 22; Iac. 2,

5. La gloria del cielo, che è visione intuitiva, amore e possesso di Dio, non è soltanto proposta come premio ma anche come eredità (I Pt. l, 3 s.; Eph. l, 18; 5, 5, Col. 3, 24; Heb. l, 14; 9, 15).
[A. R.]

BIBL. - J. BELLAMI, in DThC, I, coli. 423-37; J. M. LAGRANGE, La paternité de Dieu dans l'A. T., in RE, 5 (1908) 481-99; E. M. CASSIN, L'adoption à Nuzì, Paris 1938; D. Buzy, L'adoption surnaturelle, in Vie Spir., 1943, 388-99; J. BONSIRVEN, Il Vangelo di Paolo, Roma 1951, p. 355 ss.; J. HUBY, La mistica di s. Paolo e di s. Giovanni (trad. it.), Firenze 1940, pp. 20 ss. 54 ss. 185-206; R. DE VAUX, Les institutions de l'Ancien Testament, I, Parigi 1958, p. 85 ss.

Autore: Sac. Armando Rolla
Fonte: Dizionario Biblico diretto da Francesco Spadafora