Scrutatio

Sabato, 20 aprile 2024 - Beata Chiara Bosatta ( Letture di oggi)

Bibbia


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Premessa. Disegnare un profilo del rapporto tra B. e mistica è impegno molto arduo e complesso, nonostante l'assenza del termine mistica nella Scrittura. Mettiamo subito tra parentesi il rapporto tra letteratura, dottrina ed esperienza mistica, da una parte, e B. dall'altra: basterebbe solo citare come emblema la rilettura del Cantico da parte di s. Giovanni della Croce per far balenare quanto sterminato e ricco sia questo orizzonte. Noi, invece, ci fermeremo solo all'interno della Scrittura nel tentativo di abbozzare una mappa essenziale di ciò che intendiamo come mistica nel modo in cui la Parola di Dio la intuisce e la propone nei suoi lineamenti fondamentali.

I. L'esperienza mistica nella Scrittura. La prima e fondamentale affermazione biblica potrebbe essere così formulata: l'esperienza mistica non è, prima di tutto, un'esperienza su Dio ma di Dio. C'è un a priori assoluto di Dio rispetto a ogni desiderio dell'uomo, perché prima ancora che l'uomo s'interessi di Dio, è Dio che si prende cura di lui (cf Is 40,27; 49,14 16), è lui che rompe il silenzio del nulla con la sua parola creatrice, è lui che spezza le catene del male con la sua parola redentrice, è lui che « sta alla porta e bussa » (cf Ap 3,20). Molto suggestiva è la dichiarazione di Paolo che, in Rm 10,20, citando un'ardita affermazione (« osa dire ») di Is 65,1, pone in bocca al Signore questa frase: « Mi feci trovare da chi non mi cercava ». La mistica non è innanzitutto conoscere amare Dio ma essere conosciuti amati da lui (cf Gal 4,9). E un essere « conquistati » da lui (cf Fil 3,12).
In principio c'è, quindi, un'epifania di Dio (« prima che Abramo fosse, io sono », Gv 8,58), c'è la sua eudokia o « buona volontà » che precede quella umana (cf Lc 2,14). La B. annunzia costantemente il primato della rivelazione divina sulla ricerca umana, della grazia sul merito, del regno che cresce da solo come il seme nella terra, sia che il contadino dorma sia che vegli (cf Mc 4,26 29). I luoghi ove incontrare questa teofania sono tre. Innanzitutto la storia della salvezza, come è attestato dallo stesso Credo di Israele (cf Dt 26,6 9; Gs 24,1 13; Sal 136) e dall'Incarnazione cristiana che nella « carne » di Cristo vede la presenza suprema e il santuario perfetto di Dio (cf Gv 1,14; 2,19 22; 1 Cor 6,19). C'è poi lo spazio che rivela la presenza divina sia nel tempio cosmico (cf Sal 19,104) sia in quello di Sion (cf 1 Re 8) ove si può celebrare un incontro mistico tra Dio e l'uomo. E, infine, è la parola nella sua efficacia che feconda il terreno arido dell'esistenza umana facendola vivere e germogliare (cf Is 55,10 11). Il Dio con noi (=’immanû 'el) esige però un dialogo libero; al bussare di Cristo si deve accompagnare l'« apertura della porta » e l'« ascolto della voce ». Ed è questa la seconda grande affermazione biblica sulla mistica. All'irruzione divina nella storia, nello spazio e nell'esistenza umana deve rispondere l'itinerario dell'anima in Dio, alla grazia deve unirsi la fede, all'amore donato dal Salvatore deve corrispondere l'intimità dell'uomo. Emblematiche in questo senso sono alcune categorie e simboli. Pensiamo innanzitutto all'agape. Ancora una volta si deve ribadire che il primato è divino: « Non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi... e ci ha amati per primo » (1 Gv 4,10.19; cf Ef 2,4; 1 Gv 4.8.16). Ma a questo promanare dell'amore divino deve intrecciarsi l'amore del fedele, un amore che tutto avvolge proiettandosi nelle due direzioni radicali dell'essere, la verticale e l'orizzontale, come insegna l'ammonimento di Cristo sul compendio della Scrittura nell'amore per Dio e per il prossimo (cf Mt 22,37; cf Dt 6,5). « Il Signore chiede... che tu lo ami » (Dt 10,12), ma vuole anche che « vi amiate gli uni gli altri, come vi ho amato » (Gv 15,12). E su questa vicenda d'amore, celebrata da Paolo nello stupendo « inno all'agape » di 1 Cor 13, che si misura l'autentica esperienza mistica, che è tensione verso la stessa pienezza e perfezione dell'amore divino (cf Mt 5,48).
La categoria dell'agape coinvolge, poi, tutta la ricca simbolica paterna, materna e nuziale che attraversa il testo biblico e che ha avuto straordinaria fortuna nella stessa letteratura mistica. Da un lato, la figura paterna di Dio riprende i motivi della cura amorosa e dell'educazione del figlio anche attraverso le prove purificatrici (cf Dt 8,5 e Os 11,1 4); dall'altro, quella materna esprime l'intensità e la tenerezza d'un rapporto inestinguibile di fiducia (cf Is 49,15; Sal 131). Perciò, anche se « mio padre e mia madre mi hanno abbandonato, il Signore mi ha raccolto » (Sal 27,10) e la parabola del figlio prodigo di Lc 15 ne è una luminosa testimonianza. L'amore divino ha anche tutti i contorni di un affetto nuziale, come è ripetutamente cantato dalla teologia profetica, a partire da Osea (cf 1 3) per lambire molte altre pagine (cf Is 54; 62,1 5; Ger 2,2; Ez 16) e raggiungere il suo acme nella rilettura tradizionale del Cantico dei Cantici.

Un'altra categoria significativa è quella della comunione e del « rimanere » « dimorare » in Dio e in Cristo (menein monê), categoria esaltata soprattutto da Giovanni. Basterebbe solo scorrere i discorsi dell'Ultima Cena (cf Gv 13,17) o la Prima Lettera di Giovanni (cf 1,7; 3,16; 4,7.11.16. 20 21) per vedere la fioritura di questo simbolo in tutte le sue dimensioni. Noi vorremmo solo evocare la comunione che è attuata attraverso la fede e l'Eucaristia, proposta dalla celebre omelia di Gesù nella sinagoga di Cafarnao (cf Gv 6), e la suggestiva immagine della vite sviluppata in Gv 15, ove insistente è l'appello a « rimanere » in Cristo come il tralcio deve restare attaccato alla vite per vivere e produrre frutto. Anche in questo caso il « rimanere » mistico è duplice: « Rimanete in me e io in voi.... Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla » (Gv 15,4 5).
L'immagine del « rimanere dimorare » conduce spontaneamente a un'altra categoria che è quasi estrema e fa sì che « Dio sia tutto in tutti » (1 Cor 15,28). Intendiamo alludere alla vita comune tra Dio e il fedele. Pensiamo alla « nuova alleanza » cantata da Ger 31,31 34 e da Ez 36,24 27, in cui lo spirito stesso di Dio è infuso nella creatura umana che riceve anche un « cuore di carne » che batta solo per il suo Signore. Pensiamo alla dichiarazione dell'orante del Sal 119,94: « Io sono tuo, Signore! » e alle parole intensissime di Paolo: « Per me vivere è Cristo... Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me... La vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio! » (Fil 1,21; Gal 2,20; Col 3,3). Pensiamo anche all'eternità propria della vita mistica perché essa partecipa della stessa qualità di Dio. Già nell'AT il fedele, vissuto in intimità con Dio « suo bene sopra il quale non c'è nessuno », era convinto che « tu non abbandonerai la vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la fossa. Mi mostrerai il sentiero della vita, gioia piena davanti al tuo volto, delizia alla tua destra per sempre » (cf Sal 16,2. 10 11; Sal 73,23 28; Sap 3).
Il cristiano che ha partecipato alla passione del Cristo (cf Gal 6,17) ne condivide la gloria pasquale e « così saremo sempre col Signore » (1 Ts 4,17). Il credente che ha fatto l'esperienza mistica della comunione col divino durante l'esistenza terrena (cf Sal 63,2 9) sa che nulla lo potrà separare dall'amore del suo Dio (cf Rm 8,35 39) perché « la sua sorte è Dio in eterno » (cf Sal 73,26). Il mistero pasquale diventa il sigillo di ogni esperienza mistica, la sua fonte e il suo culmine, la sua radice e la sua pienezza.

Bibl. G. Barbaglio (cura di), Spiritualità del Nuovo Testamento, Bologna 1988; A. Bonora (cura di), Spiritualità dell'Antico Testamento, Bologna 1987; L. Cerfaux, Le Christ dans la théologie de Saint Paul, Paris 19642; Id., Le chrétien dans la théologie paulinienne, Paris 1962; R. Fabris, (cura di), Spiritualità del Nuovo Testamento, Roma 1985; Id., L'esperienza di fede nella Bibbia, Roma 1987; A. Fanuli (cura di), Spiritualità dell'Antico Testamento, Roma 1988; G. Helewa - R. Penna - B. Maggioni, L'esperienza di Dio nella Bibbia, in La Mistica I, 115 150; A. Lefevre, La Bible livre spirituel, in DSAM IV, 128 278; B. Maggioni, Esperienza spirituale nella Bibbia, in NDS, 542 600; J. Murphy - P. O'Connor, L'existence chrétienne selon Saint Paul, Paris 1965; G. Ravasi, Linee bibliche dell'esperienza spirituale, in Aa.Vv., Corso di Spiritualità, Brescia 1989, 56 123; E. Schweizer, Die Mystik des Sterbens und Auferstehens mit Christus bei Paulus, in EvTh 26 (1966), 239 257.

Autore: G. Ravasi
Fonte: Dizionario di Mistica (L. Borriello - E. Caruana M.R. Del Genio - N. Suffi)