Applicazione dei sensi
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Premessa. Il mondo di Dio, insegnano i mistici, non è colto principalmente con il ragionamento, ma prima di tutto con il cuore e con i sensi: la vista, l'udito, il tatto, il gusto, l'odorato. Per i Padri della Chiesa, « la carne è il cardine della salvezza. Quando l'anima viene unita a Dio, è la carne che rende possibile questo legame. E la carne che viene battezzata, perché l'anima venga mondata; la carne viene unta affinché l'anima sia consacrata ».1
I. I sensi nell'esperienza mistica. La consapevolezza di questo coinvolgimento dei sensi nell'esperienza di Dio affonda le sue radici culturali soprattutto in 1 Gv 1,1 4, dove l'annuncio è finalizzato alla gioia che fondamentalmente è frutto della comunione con il Padre e con il Figlio nel dono dello Spirito. Ebbene, qui, i temi che creano l'ambientazione della comunione e della gioia sono: l'ascoltare, il vedere, il contemplare, il toccare, la testimonianza, l'annuncio e la manifestazione. La maggior parte di questi temi ha un carattere sensoriale e ci dice che Dio viene percepito come qualcosa che pervade anche i sensi e viceversa i sensi vengono sentiti, avvertiti come pervasi della presenza di Dio.
Alla luce di questo orizzonte biblico e patristico, s. Ignazio nei suoi Esercizi spirituali,2 dopo avere impegnato l'intelligenza e la volontà dell'esercitante a vedere, udire e guardare « le persone sulla faccia della terra », ma anche « le Persone divine » 3 lo invita a coinvolgere i sensi nelle realtà contemplate. Si tratta di « vedere le Persone con la vista immaginativa »,4 « udire con l'udito »,5 « odorare e assaporare con l'odorato e col gusto »,6 « toccare col tatto ».7 Si tratta, in fondo di coinvolgere tutto l'uomo, con la sua corporeità nella contemplazione del mistero di Dio. A questo linguaggio molto concreto ed espressivo di Ignazio, fa eco Teresa d'Avila la quale ribadisce la valenza del corpo e dei sensi nell'esperienza spirituale: « Non siamo angeli, ma abbiamo un corpo. Pretendere di fare gli angeli ancor quaggiù sulla terra... è una autentica pazzia ».8 E, poi, vincendo i pregiudizi dei maestri che guardavano con sospetto la corporeità e la stessa umanità di Cristo, evidenzia che « non possiamo piacere a Dio, né Dio accorda le sue grazie se non per il tramite dell'Umanità sacratissima di Cristo... Dobbiamo entrare da questa porta, se vogliamo che Dio ci riveli i suoi segreti ».9 Questa ricca tradizione spirituale non è priva di importanza per l'attuale sensibilità culturale che, dopo alcuni secoli di oblio, prende in seria considerazione il corpo e di conseguenza la sensibilità in tutte le sue concrete manifestazioni. Essa stimola la riflessione teologico spirituale a liberarsi da un modello di ascesi, che mortificava l'identità umana globale, interpretando secondo moduli rigidamente spiritualistici il vissuto dell'uomo; la provoca ad assumere in modo responsabile, senza pregiudizi, il coinvolgimento della propria sensibilità emozionalità nell'esperienza spirituale. Certo, perché i sensi diventino ricettori e strumenti dell'esperienza contemplativa è necessaria una pedagogia che li sottragga all'ambiguità di questo mondo, li metta in sintonia con il compito che li attende, li renda docili al divino che li avvolge e li permei fino a divenirne trasparenza, epifania.
Note: 1 Tertulliano, La risurrezione dei corpi, 8,2; 2 Esercizi spirituali, 121 125; 3 Ibid., 106 116; 4 Ibid., 122; 5 Ibid., 123; 6 Ibid., 124; 7 Ibid., 125; 8 Vita 22,10; 9 Ibid., 22,6.
Bibl. I. Biffi, I « sensi » dell'uomo « spirituale », in P.L. Boracco - B. Secondin, L'uomo spirituale, Milano 1986, 177 187; A. Liujma, s.v., in DES I, 199 201; J. Maréchal, s.v., in DSAM I, 810 828; D. Mollat, Giovanni maestro spirituale, Roma 1984 (soprattutto il c. II, L'emergere dei sensi spirituali); S. Rendina, La dottrina dei « sensi spirituali » negli Esercizi spirituali di Ignazio di Loyola, in Ser 2930 (1983), 55 72; A. Spadaro, Gli « occhi dell'immaginazione » negli Esercizi di Ignazio di Loyola, in RST 35 (1994), 687 712; V. Truhlar, Concetti fondamentali della teologia spirituale, Brescia 1971, 42 45.
Autore: A. Neglia
Fonte: Dizionario di Mistica (L. Borriello - E. Caruana M.R. Del Genio - N. Suffi)
Alla luce di questo orizzonte biblico e patristico, s. Ignazio nei suoi Esercizi spirituali,2 dopo avere impegnato l'intelligenza e la volontà dell'esercitante a vedere, udire e guardare « le persone sulla faccia della terra », ma anche « le Persone divine » 3 lo invita a coinvolgere i sensi nelle realtà contemplate. Si tratta di « vedere le Persone con la vista immaginativa »,4 « udire con l'udito »,5 « odorare e assaporare con l'odorato e col gusto »,6 « toccare col tatto ».7 Si tratta, in fondo di coinvolgere tutto l'uomo, con la sua corporeità nella contemplazione del mistero di Dio. A questo linguaggio molto concreto ed espressivo di Ignazio, fa eco Teresa d'Avila la quale ribadisce la valenza del corpo e dei sensi nell'esperienza spirituale: « Non siamo angeli, ma abbiamo un corpo. Pretendere di fare gli angeli ancor quaggiù sulla terra... è una autentica pazzia ».8 E, poi, vincendo i pregiudizi dei maestri che guardavano con sospetto la corporeità e la stessa umanità di Cristo, evidenzia che « non possiamo piacere a Dio, né Dio accorda le sue grazie se non per il tramite dell'Umanità sacratissima di Cristo... Dobbiamo entrare da questa porta, se vogliamo che Dio ci riveli i suoi segreti ».9 Questa ricca tradizione spirituale non è priva di importanza per l'attuale sensibilità culturale che, dopo alcuni secoli di oblio, prende in seria considerazione il corpo e di conseguenza la sensibilità in tutte le sue concrete manifestazioni. Essa stimola la riflessione teologico spirituale a liberarsi da un modello di ascesi, che mortificava l'identità umana globale, interpretando secondo moduli rigidamente spiritualistici il vissuto dell'uomo; la provoca ad assumere in modo responsabile, senza pregiudizi, il coinvolgimento della propria sensibilità emozionalità nell'esperienza spirituale. Certo, perché i sensi diventino ricettori e strumenti dell'esperienza contemplativa è necessaria una pedagogia che li sottragga all'ambiguità di questo mondo, li metta in sintonia con il compito che li attende, li renda docili al divino che li avvolge e li permei fino a divenirne trasparenza, epifania.
Note: 1 Tertulliano, La risurrezione dei corpi, 8,2; 2 Esercizi spirituali, 121 125; 3 Ibid., 106 116; 4 Ibid., 122; 5 Ibid., 123; 6 Ibid., 124; 7 Ibid., 125; 8 Vita 22,10; 9 Ibid., 22,6.
Bibl. I. Biffi, I « sensi » dell'uomo « spirituale », in P.L. Boracco - B. Secondin, L'uomo spirituale, Milano 1986, 177 187; A. Liujma, s.v., in DES I, 199 201; J. Maréchal, s.v., in DSAM I, 810 828; D. Mollat, Giovanni maestro spirituale, Roma 1984 (soprattutto il c. II, L'emergere dei sensi spirituali); S. Rendina, La dottrina dei « sensi spirituali » negli Esercizi spirituali di Ignazio di Loyola, in Ser 2930 (1983), 55 72; A. Spadaro, Gli « occhi dell'immaginazione » negli Esercizi di Ignazio di Loyola, in RST 35 (1994), 687 712; V. Truhlar, Concetti fondamentali della teologia spirituale, Brescia 1971, 42 45.
Autore: A. Neglia
Fonte: Dizionario di Mistica (L. Borriello - E. Caruana M.R. Del Genio - N. Suffi)