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Giovedi, 18 aprile 2024 - San Galdino ( Letture di oggi)

Amicizia


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A. I. Nozione. Rapporto connotato da diversi sentimenti ed aspetti, diverso dall'amore, che si stabilisce tra due o più persone. Secondo Davis (1986), l'a. per essere considerata tale, e distinguersi da quella che viene generalmente definita «conoscenza», deve possedere i seguenti elementi: a. il piacere: due amici godono della reciproca compagnia, stanno bene, per la maggior parte del tempo in cui stanno insieme a scapito dei momenti di tensione e di fastidio; b. l'accettazione: è fondamentale l'accettarsi reciprocamente per quello che si è da entrambe le parti, senza cercare di fare dell'altro una persona diversa da quella che è; c. la fiducia: esiste la reciproca convinzione che quello che fa l'altro sia per il proprio bene; d. il rispetto: ognuno attribuisce all'altro buone capacità di giudizio nelle proprie scelte; e. l'assistenza reciproca: possono contare l'uno sull'altro nei momenti di bisogno; f. la comprensione: comprendono quasi per intuito il comportamento l'uno dell'altro; g. la spontaneità: ognuno di loro si sente libero di essere se stesso nei rapporti con l'amico.

II. Diverse teorie sono state formulate per spiegare l'a. e i meccanismi attraverso cui due o più persone si scelgono. Si ritiene che in generale l'a. dipenda da alcuni bisogni: in particolare dal bisogno di affetto e di appartenenza descritto da Maslow (1973); dal bisogno di sicurezza secondo il quale gli uomini, così come alcuni animali, si riunirebbero in gruppo per sentirsi più protetti; dal bisogno di approvazione sociale, la cui soddisfazione porta ad un maggiore sviluppo della propria identità personale; dal bisogno di certezza: secondo Festinger (1951), attraverso il processo di « confronto sociale » gli individui possono osservare, mediante le reazioni degli altri, quali siano i comportamenti più idonei, riducendo in questo modo l'incertezza. Per ciò che concerne la scelta delle a., le ricerche (Secord, Backman, 1964) hanno mostrato che le persone tendono a scegliere come amici: 1. coloro con i quali hanno maggiore possibilità di interagire; 2. coloro che mostrano le caratteristiche di personalità che sono maggiormente stimate secondo le norme e i valori del gruppo sociale; 3. coloro che sono maggiormente simili a loro stessi per quanto riguarda gli atteggiamenti, lo status sociale e i valori; 4. coloro dai quali ci si sente di essere a propria volta scelti o, quantomeno, di essere considerati favorevolmente.

III. Dal punto di vista psicologico, l'a. è un fenomeno che accompagna l'uomo per tutta la vita, anche se nelle diverse tappe del ciclo vitale assume caratteristiche e significati diversi. Si manifesta in forme diverse nei due sessi (più profonda e intima per le femmine). Inizia nell'età prescolare sotto forma di adesione al gruppo di gioco; nella preadolescenza ha un significato improntato al cameratismo ed allo spirito della « banda »; nell'adolescenza si tende a scegliere pochi amici con i quali stabilire rapporti più profondi e cercare insieme le prime risposte alle domande esistenziali. Nella giovinezza l'a. sembra lasciare il posto al rapporto di coppia, all'a. s'inizia a dare un significato diverso, maggiormente orientato sulla opportunità. Nell'età matura, poiché sembra compaia una nuova paura per la solitudine, si cerca di circondarsi di un certo numero di amici, che di solito vengono ben selezionati, nei quali si ricercano caratteristiche, anche fisiche, simili alle proprie.

Bibl. K.E. Davis, Amicizia e amore a confronto, in Psicologia contemporanea, 13 (1986), 18-25; L. Festingerz - H. Kelley, Changing Attitude through Social Contacts, Michigan 1951; A. Maslow, Motivazione e personalità, Roma 1973; A. Riva, Amicizia. Integrazione dell'esperienza umana, Milano 1975; P. Secord - F. Backman, Psicologia sociale, Bologna 1964.

B. Premessa. L'a. è una realtà divina e umana molto importante. Dio « parla agli uomini come ad amici e tratta con essi per invitarli ed ammetterli alla comunione con sé » (DV 2). Il vivere dell'uomo è un convivere e si convive nella relazione. La persona è ciò che è la sua relazione con gli altri, nell'accoglienza generosa e nella totale donazione disinteressata. L'a. è per eccellenza l'amabilità e l'accordo che segnano e definiscono la vita umana. Tuttavia, nell'ambito cristiano regnano il silenzio e la diffidenza, mentre nella vita e nella letteratura dominano le reticenze nei confronti dell'a. « Le amicizie particolari » erano considerate legioni di demoni che si scagliavano sui cristiani neofiti, soprattutto sui consacrati nella vita religiosa, contro i quali bisognava combattere « con eguale forza ». Si diceva che « tra santo e santa si innalzava un muro di pietra », ma abbiamo anche un'eredità validissima, un tesoro nascosto negli alvei più profondi dei secoli o nella nostra storia più recente: i mistici. Mi riferisco a questi ultimi, in modo particolare a Teresa di Gesù e a Giovanni della Croce per proporre alcune riflessioni sull'a. spirituale. E noto a tutti che Teresa ha definito la preghiera come « rapporto di a. » 1 e Giovanni della Croce ha scritto: « Dio si comunica... con amore così vero che non vi è... amore di amico che lo possa eguagliare ».2

I. Ogni amore viene da Dio (cf 1 Gv 3,17). Senza questa fonte non vi è corrente che irrighi i nostri campi né terra che alimenti le nostre radici. Il mistico comincia sempre da Dio per avvicinarsi alle persone.3 Per questo motivo, egli ci offre la possibilità e gli elementi che caratterizzano l'a.: la benevolenza, l'aiuto e la fiducia, come dice un grande umanista spagnolo.4 L'amore che Dio è e che da lui procede crea la bontà nella persona amata, rendendola amabile, degna di amore, piena di amabilità. « Il mirare di Dio è amare »,5 « in tale amore [Dio] la [l'anima] rese amabile e piacevole a sé » 6 e così « la rende bella e la esalta, tanto da renderla compartecipe della stessa divinità ».7 Poiché è Dio l'amante e in lui l'atto è coestensivo al suo essere, « egli non ama alcuna cosa meno di se stesso... pertanto, quando Dio ama un'anima in un certo modo, la pone dentro di sé e la rende uguale a sé ».8 In precedenza, Giovanni della Croce aveva già notato le qualità di Dio come amante, prima ancora che amato, e della persona amata, prima ancora che amante, quando scriveva: « L'unico desiderio di Dio è quello di esaltare l'anima... poiché non vi è altra cosa in cui la possa esaltare se non rendendola uguale a sé... »: uguaglianza di a.9

Cosa significa questa « uguaglianza di a. »? La massima comunione di vita e la più alta personalizzazione e distinzione dei protagonisti dell'a. Giovanni della Croce spiega ulteriormente il suo pensiero: nell'unione trasformante « gli stessi beni di Dio diventano i beni dell'anima sposa, perché egli glieli comunica... con grazia e in abbondanza »; 10 così l'anima - la persona - « sembra Dio stesso e possiede ciò che possiede Dio stesso ».11 « Ambedue sono una cosa sola per trasformazione d'amore », « l'uno è l'altro ».12 Infine, con le parole della teologia scolastica, dice che « sono due nature nell'unico spirito e amore »,13 « pur conservando ciascuno di essi [Dio e la persona] il proprio essere, ognuno sembra Dio ».14

Questa massima comunione di amore e profondissima personalizzazione dell'uomo implicano che questi riceva, in sommo grado, la vita cioè « i beni » di Dio e, al tempo stesso, doni tali beni, cioè sia passivo e attivo o passivamente attivo. « In una certa maniera, la persona è Dio per partecipazione », ed « essendo divenuta, per mezzo di questa sostanziale trasformazione, ombra di Dio, essa compie, in Dio [nel mistero intratrinitario] e per Dio, [a causa della grazia della filiazione ricevuta] quello che [lo stesso Signore] fa da sé in essa per se stesso ».15 Il dottore spagnolo sottolinea, poi, con temerarietà e audacia di mistico nonché con la sicurezza di teologo: l'anima « dona a Dio lo stesso Dio in Dio »;16 « dà quanto riceve da lui »; estendendo tale donazione « fuori » del mistero di Dio, comunità di persone, con questa pennellata geniale: « L'anima vede... che come cosa sua lo può dare e comunicare a chi vuole ».17 Da questa realtà ci si può addentrare ora nell'a. « spirituale » dei mistici, cioè di tutti coloro nei quali la grazia di filiazione adottiva ha raggiunto una crescita notevole. Pertanto, è da questo versante della filiazione adottiva che occorre contemplare, godere e presentare la trasformazione del protagonista dell'a. giacché, seguace del Figlio primogenito « per essenza », gode « degli stessi beni »,18 come figlio adottivo per grazia.

Basta solo una parola che riguardi direttamente l'essere della persona creata e redenta servendomi, a tale scopo, di una precisa e meravigliosamente ricca affermazione di Giovanni della Croce: « L'anima chiede l'uguaglianza di amore con Dio che ha sempre desiderato, a livello naturale e soprannaturale, poiché l'amante non può essere contento se non sa amare quanto è amato »,19 concluderà lo stesso Giovanni della Croce nel paragrafo successivo: « Finché l'anima non raggiunge questa meta, non è contenta ». Il motivo è che non ha raggiunto il suo centro, il « più profondo centro », « al quale possono giungere il suo essere, la sua virtù, la forza della sua azione e del suo movimento »: 20 « eguaglianza di a. ».21 Questa consiste nella piena manifestazione, nel culmine della verità di Dio e della verità della persona in una reciproca gravitazione d'amore.

II. L'a. spirituale. E una comunicazione fondamentale tra Dio e l'uomo, per mezzo della quale questi è, naturalmente e soprannaturalmente, reso capace di riceverla e concederla a qualsiasi tu, cioè a Dio e alla persona. Amare qualcuno significa amarlo anche per il fatto che in lui c'è Dio e perché quest'uomo è immerso in Dio e partecipa della sua vita. Tutto questo apre due vie naturali di accesso entrambe essenziali e indissociabili: negativamente: potenziare nell'altro, coinvolgendosi con lui in questo compito, la purificazione di « tutto ciò che non è Dio », secondo la nota formula di Giovanni della Croce. Per questo motivo, « ciò che non è Dio », in una maniera o in un'altra, prosciuga le fonti dell'amore nell'uomo e, allo stesso tempo, gli impedisce di scoprire il bene o ciò che è « amabile » nell'altro. Positivamente: attivare e accompagnare, nel dinamismo crescente della gratuità, lo sviluppo di ciò che è Dio nell'altro e nello stesso soggetto. Scrive a tale proposito s. Teresa: « E assai raro che queste grandi amicizie siano ordinate a infiammarsi vicendevolmente nell'amore di Dio...; quando l'amore tende al servizio di sua Maestà, lo si vede chiaramente (= se muestra) perché la volontà invece di lasciarsi dominare dalla passione cerca ogni mezzo per vincere ogni passione. Vorrei numerose amicizie di questo genere nei monasteri ».22 « Servire sua Maestà » significa sviluppare e affermare la propria vocazione, la « prima » è quella di divenire persona, la « seconda » si riferisce alla dimensione umana, sociale e religiosa in cui la persona si realizza. Amare ed essere amato per coloro che hanno fatto di Dio l'opzione della propria esistenza e il tu di riferimento essenziale e determinante, vuol dire assumere la « grazia » di essere in relazione, il che ha per i credenti in Cristo nel Dio e Padre di Gesù Cristo il cemento, il coronamento e la forza motrice per raggiungerlo.

Ma occorre anche dire che l'opzione per Dio sarà autentica nell'affermazione e nello sviluppo di tutto ciò che è umano, particolarmente nella relazione amicale con l'altro, al fine di fare verità, nella maggiore armonia e approssimazione possibile: ciò è quanto « definisce » l'uomo nuovo, primogenito della nuova umanità: « divino e umano insieme ».23

Nulla dell'umano può essere immolato sull'altare del divino, ma tutta la persona è assunta e ricreata.24 Dio non annulla, non esige sacrificio di nessuna cosa creata per lui. Nella persona « non » manca nulla di quanto costituisce l'uomo per natura, « ma i suoi atti molesti e disordinati », afferma Giovanni della Croce,25 devono essere controllati,26 « perdono la loro imperfezione naturale e si mutano in divini ».27 Occorre sottolineare questo circa l'a. tra persone, realtà suprema, massimamente rivelatrice di tutto lo sviluppo personale. Ciò che Dio « esige » è « stare nel mezzo », come punto e ragione d'incontro, grazia che rende possibile e « definisce » tale incontro. « Tra noi cinque che ora in Cristo ci amiamo » scriveva s. Teresa.28 E s. Agostino nelle Confessioni: « La vera a. esiste solo tra coloro che tu [Signore] unisci tra di loro per mezzo della carità ».29 Esperienza che Teresa converte in consiglio per tutti: « Consiglio a quanti si dedicano all'orazione... di procurare a. e conversazioni con persone che praticano il medesimo esercizio ».30

Questo consiglio nasce dalla sua esperienza nel campo delle relazioni di a., alcune delle quali « danneggiavano tutto ».31 Un giorno Teresa sente queste parole: « Non voglio più che conversi con gli uomini, ma soltanto con gli angeli ».32 E chiarisce immediatamente il significato, aggiungendo: « Quelle parole si avverarono esattamente, perché da allora in poi non ho più potuto avere consolazione, a. e amore speciale se non con persone che vedevo amare e servire Dio ».33 E segnala l'effetto rapido istantaneo: « Il Signore mi ha aiutato dandomi tanta forza e libertà da farmi rompere ogni legame».34 Gli amici veri e «i migliori congiunti (=parenti) [sono] quelli che sua Maestà vi invierà », « quelli che vi amano soltanto per Dio»; 35 amici nella libertà e per la libertà. E questa la nota caratteristica dell'a. con il padre Graziano: «Dà libertà». 36

Quando, come educatrice delle sue sorelle, s. Teresa parla dell' «amore puro spirituale», che «è buono e lecito e che dobbiamo portarci »,37 scriverà: «Felici le anime che sono oggetto del loro amore! Fortunato il giorno in cui si sono conosciute! O mio Signore, non mi accorderesti la grazia di farmene trovare molte capaci di amarmi così?» e, rivolgendosi alle sue monache: «Amatele pure quanto volete simili persone...». Prosegue con questo tono rispondendo alle opinioni contrarie: «Ammesso che vi sia qualcuno che arrivi alla perfezione, subito vi diranno magari che un ricorso del genere non è necessario, in quanto basta possedere Dio. Ma sta di fatto che per possedere Dio è un ottimo sussidio frequentare i suoi amici ».38

E importante che l'incontro amicale si realizzi « nel Cristo », colui che rende possibile l'a. e il dono che mutuamente si offrono gli amici e che reciprocamente scoprono come motivo determinante della sua a. Così insegna alle sue monache s. Teresa nel suo rapporto con il confessore: « Religiose che devono essere occupate in orazione continua per le quali l'a. con Dio è il motivo della loro vita, non si attacchino a un confessore che non sia un gran servo di Dio..., essendo come dovrebbe, se vedono che il confessore non comprende il loro linguaggio e non è portato a parlare di Dio, non gli si possono affezionare, perché non è come loro ».39 Spingendo agli estremi la sua affermazione, aggiunge: «E impossibile», «perdurare nell'amarla » [la persona] «se non abbia in sé beni celesti e grande amore di Dio». «Senza ciò, ripeto, non la possono amare, neanche se quella persona le obbliga a forza di sacrifici, muoia di amore per loro e riunisca in sé tutte le grazie possibili ».40

Espressione-«sacramento» dell'a. intratrinitaria e di quella che si dà tra Dio e la persona, mezzo per il perfezionamento umano e al tempo stesso finalizzazione del movimento della persona a essere, nella duplice, armoniosa direzione verso Dio e verso il prossimo, l'a., come tutta la persona umana, ha bisogno di cura, di essere coltivata generosamente e di una profonda purificazione. Il cammino dell'uomo verso Dio è «notte oscura », dice ripetutamente Giovanni della Croce. E cammino di umanizzazione. Il santo scrive che «la notte oscura purifica tutti questi amori ».41 E questo perché pone l'uomo di fronte alla verità radicale di se stesso, « di qui nasce l'amore verso il prossimo »,42 amore senza nessun tornaconto avendo presente solo il profitto dell'altro. Amore gratuito, disinteressato, frutto della notte purificatrice.

Apprendere ad amare è il più lento, il più duro e il più lungo apprendistato, giacché si tratta di amare nella gratuità, « passando da sé all'altro », come definisce l'amore Giovanni della Croce.43 Ma la difficoltà e la durezza nelle persone chiamate all'a. servono da incentivo per il conseguimento di ciò che è per grazia possibile.

Note: 1 Vita 8,5; 2 Cantico spirituale 27,1; 3 Abitualmente i teologi espongono questo tema attraverso un movimento ascendente. Così, per esempio, S. De Guidi, Amore e amicizia, in DTI I, 319-341; 4 Cf P. Lain Entralgo, Sobre la amistad, Madrid 1986, 157-171; 5 Cantico spirituale 31,8; 6 Ibid., 2; 7 Ibid., 4; 8 Ibid., 32,6; 9 Ibid., 28,1; 10 Ibid., 14,29; 11 Salita del Monte Carmelo II, 5,7; 12 Cantico spirituale 12,7; 13 Ibid., 22,3; 14 Ibid., 5; 15 Fiamma viva d'amore 3,78; 16 Ibid.; 17 Ibid.; 18 Cantico spirituale 36,5; 39,5-6; 19 Ibid., 38,3; 20 Fiamma viva d'amore I,11; 21 Cantico spirituale, 28,1; 22 Ibid., 4,6-7; 23 Teresa d'Avila, Castello interiore, Seste Mansioni, 7,9; 24 Alla fine del Cantico spirituale (40,1.5-6), il Dottore mistico offre un'idea ispiratrice circa la partecipazione di tutta la persona nella festa dell'amicizia con Dio, anche con gli amici. Questo è l'ampiamento di un principio antropologico: « Siccome... questi due elementi [sensitivo e spirituale] formano un medesimo soggetto, entrambi partecipano a ciò che l'altro riceve, ciascuno alla sua maniera » (Notte oscura I, 4,2); 25 Cantico spirituale 20,7; 26 Ibid., 4; 27 Ibid.; 28 Vita 16,7; 29 Libro IV, c. 4,7; 30 Vita, 7,20; 31 Ibid., 23,5; 32 Ibid. 24,5; 33 Ibid., 6; 34 Ibid., 7; 35 Cammino di perfezione 9,4; 36 Nessuno potrà rompere questa amicizia (cf Lettera del 28 agosto 1575). Cristo « è il mediatore di matrimoni » (Lettera del 9 gennaio 1577); 37 Cammino di perfezione 6,1; 38 Ibid. (red. El Escorial) 11,4. Sulle vibrazioni e modulazioni umane dell'amore cf M. Herráiz, Sólo Dios basta, Madrid 19924, 306-340; 39 Cammino di perfezione 4,15; 40 Ibid., 6,8; 41 Notte oscura I, 4,8; 42 Ibid., 12,8; 43 Cantico spirituale 26,14.

Bibl. T. Alvarez, s.v., in DES I, 112-117; L. Borriello, Amore, amicizia e Dio in S. Teresa, in EphCarm 32 (1981), 35-90; S. Galilea, L'amicizia di Dio. Il cristianesimo come amicizia, Cinisello Balsamo (MI) 1989; T. Goffi, s.v., in NDS, 1-19; N.M. Loss, Amore d'amicizia nel Nuovo Testamento, in Sal 39 (1977), 3-55; A. Riva, Amicizia. Integrazione dell'esperienza umana, Milano 1975; C. Schütz - R. Sarach, L'uomo come persona, in Mysterium salutis IV, cura di J. Feiner e M. Löhrer, Brescia 1970, 308-332; G. Vansteenberghe, s.v., in DSAM I, 500-529; T. Viñas, s.v., in Dizionario Teologico della vita consacrata, Milano 1994, 45-56.

Fonte: Dizionario di Mistica (L. Borriello - E. Caruana M.R. Del Genio - N. Suffi)