Scrutatio

Venerdi, 29 marzo 2024 - Santi Simplicio e Costantino ( Letture di oggi)

Correre


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Oltre al significato letterale - quando, per esempio, i corrieri a piedi della guardia reale (1 Sam 22, 17) si affrettano ad annunciare le notizie della battaglia (2 Sam 18, 9-27) -, la Bibbia conosce un uso metaforico del verbo «correre» (in greco: trècho; talvolta diòko: «affrettarsi alla volta di», «proseguire [la propria corsa]», e di qui «perseguitare») per caratterizzare il dinamismo della parola di Dio o di coloro che l‘annunciano. Più avanti, sotto l‘influsso delle competizioni agonistiche praticate nel mondo greco, il termine designerà anche il «corso» della vita, la vita tesa verso un fine.

1. La parola di Dio corre. - La parola di Dio è rapida, efficace, dinamica: «Dall‘alto dei cieli, la tua parola onnipotente si slanciò dal trono regale» (Sap 18, 15; cfr. 1 Sam 22, 17). Essa piomba addosso a Giobbe come un prode (Giob 16, 14), secondo l‘immagine del balzo che ha sostituito quella della rapidità del corridore: «Dio invia la sua parola sulla terra, rapida corre la sua parola» (Sal 147, 15; cfr. Is 55, 11). Paolo evoca forse questo brano quando chiede di pregare affinché «la parola del Signore compia la sua corsa» (2 Tess 3, 1). Dal canto loro, i profeti, come corrieri del re (1 Sam 8, 11) corrono a prodamare la parola. «La mano di Jahve fu sopra Elia, che si cinse i fianchi e corse dinanzi ad Akhab fino all‘ingresso di Jizreel» (1 Re 18, 46). Fanno altrettanto anche i profeti che non sono stati inviati da Dio: «Essi corrono; io non ho detto loro milla, ed essi profetizzano» (Ger 23,21).

2. La vita è una corsa. - L‘esistenza umana, spesso paragonata a una marcia (Gv 8, 12; 1 Gv 1, 6-7), diventa una corsa quando si vuole esprimere un‘obbedienza pressante o una missione urgente. Talvolta si tratta ancora dell‘annuncio della Parola, come per Giovanni Battista che ha concluso la sua corsa (Atti 13, 24 s), o per Paolo la cui corsa è l‘annuncio della buona novella (20, 24). Ma il verbo può anche designare l‘andamento allegro che dà una vita giusta, aggiungendo alla metafora della marcia sulle vie di Dio una nota di gioia, di fretta, di vivacità: «Io corro sulla via dei tuoi comandamenti, perché tu mi hai dilatato il cuore» (Sal 119, 32); «A coloro che sperano in Jahve..., spuntano delle ali come alle aquile: corrono e non sono, stanchi» (Is 40, 31). Trasferito nel linguaggio del Cantico dei cantici, questo zelo di tutta un‘esistenza al servizio di Jahve diventa la frenesia della sposa rapita di gioia alla voce dello sposo: «Trascinami dietro a te, corriamo!» (Cant 1, 4). Non ci suggerisce un‘idea del genere la corsa di Pietro e di Giovanni al sepolcro del Signore (Gv 20,4)? Sotto la penna di Paolo, questa corsa diventa una gara sportiva che esige dei sacrifici per riportare la vittoria (1 Cor 9,24-27). La stessa immagine, sia pur con un altro verbo, serve a caratterizzare l‘intera avventura di Paolo. Sulla strada di Damasco, mentre egli stava perseguendo (diòko: nel senso di perseguitare) i cristiani, viene raggiunto da Cristo: «Io proseguo la mia corsa (diòko) per cercare di afferrarlo, essendo stato a mia volta afferrato dal Cristo Gesù... Dimentico della via percorsa, proiettato con tutto il mio essere in avanti, io corro dritto verso la meta per riportare il premio della celeste chiamata di Dio in Cristo Gesù» (Fil 3, 12 ss). Lungi dal lasciarci fermare dagli ostacoli (Gal 5,7), «circondati come siamo da un così gran nugolo di testimoni (cioè dagli spettatori dello stadio, gli ex campioni)... corriamo (trèchomen) la gara propostaci, tenendo gli occhi fissi sul capo della nostra fede» (Ebr 12, 1 s),‘il nostro precursore (pròdromos, da èdramon, aoristo di trècho) (6,20). Allora non si correrà invano (1 Cor 9, 26; Gal 2, 2; Fil 2, 16) e si potrà dire con Paolo: «Ho combattuto fino alla fine la buona lotta, ho concluso la mia corsa, ho conservato la fede» (2 Tim 4, 7). Ma in tutto ciò non bisogna dimenticare che tutto proviene solo da Dio: «Ciò non dipende né da colui che vuole né da colui che corre, ma da Dio che fa misericordia» (Rom 9,16).

Autore: X. Leon Dufour
Fonte: Dizionario di Teologia Biblica